UliviUn nuovo rapporto realizzato dalla Fondazione Terra e Watershed Media dal titolo L’agricoltura intelligente della biosfera nell’ambito di un’economia del costo effettivo invita la Banca Mondiale (e le altre banche di sviluppo) a valutare in maniera completa e puntuale l’impatto ecologico dei progetti di sviluppo agricolo prima di fornire qualsiasi tipo di prestito in modo da avere un’idea precisa dei costi effettivi per l’avvio e la produzione.

Per gli autori del rapporto, elaborare una valutazione economica dei costi effettivi non vuol dire attribuire un valore finanziario agli aspetti esterni che entrano in gioco nei vari progetti ma sviluppare un approccio economico olistico che opera tenendo conto della capacità che la nostra Terra ha di rendere fattibili e di, conseguenza, sostenere i vari progetti, partendo dall’individuazione degli impattti ambientali. 

Dopo aver fornito un elenco esaustivo dei principali risvolti negativi che le attuali metodiche agricole intensive esercitano sull’ambiente, gli autori concludono che urge il bisogno di una trasformazione radicale di approccio: bisognerebbe da agricoltura industriale volgere verso quella che definiscono Agricoltura Intelligente della BiosferaIl presente invito alla trasformazione in Agricoltura Intelligente viene presentato in un periodo di revisione delle Politiche di Salvaguardia Sociale e Ambientale della Banca Mondiale e del Piano di Azione Agricola Triennale.

Il programma multi-miliardario Agricoltura Clima-Intelligente affrontato con entusiasmo dalla Banca Mondiale prende in considerazione solo un numero limitato di cause e tende a favorire lo sviluppo delle monocolture, particolarmente dannose per la biodiversità, invece di promuovere sistemi di tipo agroecologico.
Ricordando che il pianeta si surriscalderà di circa 4 °C entro la fine del secolo, aggiungono che l’attuale produzione alimentare è insostenibile perchè  associata alle emissioni di gas serra, al degrado del suolo, alla perdita di specie, ad un uso eccessivo di acqua, all’inquinamento dell’aria, del suolo, dei fiumi e degli oceani.
Non solo, il rapporto mostra che gli alimenti prodotti dall’agricoltura industriale sono altamente dannosi per la salute pubblica. E in più, lo spostamento verso i cereali e i semi oleosi che si è osservato nell’ambito della dieta occidentale negli ultimi decenni ha portato ad un enorme aumento della produzione di alimenti trasformati ad alto contenuto calorico ricchi di sale, grassi e zuccheri.

Tali sistemi intensivi sono anche economicamente dannosi, affermano gli autori del lavoro, con 500 miliardi di dollari spesi in sussidi ogni anno per sostenere grandi sistemi intensivi a discapito dei piccoli agricoltori. La Banca mondiale, ad esempio, dà la priorità allo sviluppo delle infrastrutture su larga scala, come ferrovie, dighe, strade e aree portuali al fine di aprire le regioni rurali ad allevamenti di tipo intensivo finalizzati all’esportazione. Spesso, a causa di questa logica espansiva, vengono avviati progetti di irrigazione mal concepiti. A tal proposito, gli autori citano uno studio dell’ Università della California di Irvine, che ha scoperto che 21 delle 37 più grandi falde acquifere del mondo superano i limiti critici della sostenibilità.

Soluzioni  di carattere tecnologico, come l’ agricoltura di precisione e la modificazione genetica sono stati accolti come gli strumenti migliori per nutrire il mondo. Eppure, secondo quanto riportato nella relazione, “…questi tipi di approccio non sono capaci di alleviare la povertà e non faranno altro che esacerbare pericolosamente lo stress esercitato [….] sulla vita del pianeta”.  Anche se i sistemi intensivi che si avvalgono di tecnologia avanzata e di inputs chimici spesso registrano un aumento dei rendimenti: in realtà, si tratta di un semplice guadagno a breve termine. A lungo termine, gli agricoltori si troveranno a dover affrontare serie problematiche come quella del suolo impoverito, dell’acqua inquinata, della biodiversità ridotta (tra cui la scomparsa di importanti insetti impollinatori) e delle rese inferiori.

Invece, il lavoro suggerisce che un approccio all’agricoltura di tipo “ecologico”, che privilegia progetti su piccola scala e mette in primo piano gli agricoltori, è in grado di gestire in maniera più efficace i problemi di adattamento ai cambiamenti climatici, la salvaguardia della fertilità del suolo, la crescita del cibo sano, la creazione di posti di lavoro e la sicurezza alimentare. I piccoli proprietari terrieri possono produrre più cibo con meno risorse; infatti la maggior parte del cibo nel cosiddetto mondo in via di sviluppo è ancora prodotto in 500 milioni di piccole aziende.

Ad esempio di come la Banca Mondiale potrebbe aumentare il suo impatto attraverso la ri-focalizzazione dei suoi fondi, gli autori citano uno studio che parla di un prestito approvato in Senegal nel 2014 per le infrastrutture di irrigazione capace di salvare 3.000 persone dalla povertà entro il 2050. Ma se il prestito viene adeguatamente implementato tenendo conto dell’ agroecologia a basso input e favorendo una formazione ad hoc dei contadini, circa 80.000 persone in più potrebbero uscire dalla povertà. Il rapporto suggerisce anche che i prestiti debbano essere somministrati a cooperative, permettendo più facilmente ai piccoli agricoltori di beneficiarne.

Questo approccio di Agricoltura Intelligente richiede un modo olistico di lavorare.

La semplice combinazione dei tre pilastri della povertà, dell’agricoltura e del clima non riesce a prendere in considerazione i sistemi di supporto vitale planetari molto più ampi. Questi sistemi includono l’uso d’acqua dolce, un cambiamento del sistema delle terre, la diversità biologica, la dispersione chimica, i cambiamenti climatici, l’acidificazione degli oceani, i flussi biochimici, la diminuzione dell’ozono stratosferico, gli organismi geneticamente modificati e l’inquinamento atmosferico.

Lo studio sostiene che le banche a favore dello sviluppo multilaterale devono identificare i fattori esterni di un progetto, come ad esempio il suo impatto sulle acque, sul suolo e sulla salute pubblica e garantire che solo i metodi di produzione più ecologicamente e socialmente sensibili siano finanziati. Dovrebbe essere sempre condotta una valutazione degli impatti esterni all’interno di un’analisi dei rischi correlati al credito, certificata da parti terze.
Ma come potrebbero questi fattori esterni essere identificati e valutati? Senza attribuire un costo finanziario a tutti i fattori esterni potrebbe essere impossibile per gli enti finanziari calcolare l’impatto delle loro decisioni di prestito.

Un’altra sfida è quella di convincere le istituzioni come la Banca Mondiale ad utilizzare una gamma completa di fattori esterni quando si effettua questo tipo di valutazione, includendo la salute umana, gli impatti sociali e culturali, aspetti non considerati nel rapporto Agricoltura Intelligente della Biosfera.

Nonostante queste sfide, la transizione verso un’ economia dei costi effettivi è essenziale per consentire all’agricoltura di diventare più sostenibile e rispettosa della natura. Anche se questo rapporto è principalmente finalizzato alla Banca mondiale, i concetti base necessitano di essere applicati a una più ampia gamma di questioni oltre che a una più ampia gamma di organizzazioni di credito, tra cui le banche di sviluppo internazionali e le banche locali che fanno prestiti ai singoli agricoltori.

[Fonte: sustainablefoodtrust; Fonte foto: Creative Commons License]