Ilex, viburno, viburno lucido, corbezzolo, fotinia, alloro, eleagno e ligustro. Sono gli arbusti ‘mangia smog’ per eccellenza, in grado di contribuire al miglioramento della qualità dell’aria nelle città, intercettando i metalli pesanti e abbattendo la CO2 atmosferica. E’ il risultato del progetto M.I.A. (‘Valutazione quantitativa delle capacità di specie arbustive e arboree ai fini della Mitigazione dell’Inquinamento Atmosferico in ambiente urbano e periurbano’), finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, a cui ha partecipato il Cra, con la sua Unità di ricerca per il vivaismo e la gestione del verde ambientale e ornamentale di Pescia nel pistoiese (Cra-Viv).
Si è scoperto così che contro il piombo le piante più efficaci sono l’eleagno, il ligustro e il viburno lucido. Dallo studio emerge anche che i valori di inquinamento più evidenti nelle città si riscontrano tra giugno e agosto, diminuendo da fine agosto a ottobre, con l’arrivo delle prime piogge autunnali.
“Per contrastare le emanazioni di combustione in ambito urbano, legate al traffico e agli impianti termici – spiega Gianluca Burchi, direttore del Cra-Viv – la ricerca lancia una soluzione innovativa e al tempo stesso naturale, ossia quella di inserire nelle città delle barriere vegetali per attenuare le pressioni ambientali”. Cortine vegetali che, dimensionate in relazione ai flussi inquinanti, agiscono come veri e propri filtri biologici, rimuovendo dall’aria il particolato, l’ozono e altri composti gassosi presenti nell’atmosfera delle città.
Inoltre, le piante che tramite la fotosintesi fissano la CO2 sotto forma di carbonio organico, spiegano dal Centro, risultano sicuramente gli organismi più adatti per limitare l’aumento del diossido di carbonio atmosferico. Sono diverse le particelle inquinanti sospese in atmosfera – spiega il ricercatore – che, a seconda del loro diametro, penetrano nelle prime vie respiratorie (naso, faringe, laringe). Una frazione più fine, dovuta per lo più al traffico delle auto, si deposita nelle vie aeree non ciliate e contiene, tra le diverse classi di composti organici, i cosiddetti Ipa (fluorantrene, pirene, crisene, benzoantracene, benzofluorantrene, benzopirene, dibenzoantracene), diossine e furani sospettati di effetti cancerogeni.
C’è poi il particolato sospeso aerodisperso, dovuto in genere agli impianti di riscaldamento e raffrescamento, che sono responsabili a loro volta di elevate emissioni di CO2. ”Piantare alberi in città, oltre alla riduzione diretta dell’anidride carbonica – precisa Burchi – permette di innescare un feedback positivo che porta al miglioramento del microclima e ad una riduzione dell’uso dei combustibili fossili di circa 18 kg/anno per ciascun albero; ciascuna pianta messa a dimora in ambiente urbano svolge un’azione di riduzione della CO2 equivalente a 3-5 alberi forestali di pari dimensioni”.
Da qui l’importanza del verde urbano come elemento per compensare le emissioni di anidride carbonica derivanti dalle attività antropiche”. Il Cra di Pescia, fa sapere il ricercatore, ha realizzato diversi prototipi di moduli fatti a barriera e a cortina divisi per specie di piante, valutandone sia l’efficienza in aree a forte densità di traffico nell’intercettare e abbattere i flussi inquinanti, sia l’attività foto-sintetica. Sono stati effettuati diversi campionamenti di foglie prelevate a diverse altezze da terra per analizzare i depositi di 21 diverse sostanze inquinanti; è stato poi studiato l’andamento nel tempo e la distribuzione nello spazio degli inquinanti, raccogliendo i dati meteorologici per l’intero periodo di campionamento, da giugno a settembre.
E’ stata quindi misurata la concentrazione dei vari elementi nel terreno e nell’aria mediante un’ polverimetro’, un misuratore dei flussi aerei dotati di filtri per i PM10. In corrispondenza di ogni campionamento di foglie, spiega il ricercatore, i filtri sono stati asportati e analizzati. Infine, sono state studiate le relazioni tra sostanze inquinanti, specie vegetali e parametri meteorologici. Dalle analisi microscopica delle foglie è emerso, inoltre, che l’eleagno è il miglior accumulatore di particolato (0,60 % dell’area fogliare coperta da PM), mentre il ligustro ha il valore più basso (0,27 %). ”I risultati ottenuti dal nostro studio – conclude Burchi – hanno confermato l’importante ruolo che il verde urbano opera nel migliorare la qualità dell’aria e mitigare l’impatto ambientale delle attività antropiche e che è possibile aumentare l’efficienza delle barriere verdi scegliendo le specie più idonee allo scopo”.

Sabina Licci