di Salvatore Cacciola*

L’emergenza COVID e il lockdown hanno peggiorato un divario sociale che già si andava aggravando nel Paese interpellando la società civile in merito al sostegno da dare alle persone che vivono in condizioni di grave disagio.
AIAB e Associazione di Bioagricoltura sociale hanno dato il proprio contributo nel position paper edito da “Vita”. 

Associazione Nazionale di Bioagricoltura Sociale (BioAS) e AIAB identificano nell’agricoltura biologica un fondamento su cui sviluppare politiche ed esperienze di welfare e di agricoltura sociale condivise.
L’Agricoltura biologica è intesa come metodo che, tutelando l’ambiente, protegge la salute di tutti a partire dalle categorie più fragili. E’ un modello che guarda ai diritti dei lavoratori agricoli.
La fase pioneristica e promozionale dell’agricoltura sociale è ormai definitivamente superata. Nel prossimo futuro le aziende agricole e le cooperative sociali dovranno affrontare nuove sfide.
Si pone quindi la necessità di costruire un glossario dell’agricoltura sociale che dovrà contenere alcune parole chiave: welfare, comunità locale sostenibile, ricerca e innovazione, partecipazione, cibo/sovranità alimentare, salute, beni comuni, agro-ecologia, lotta alle diseguaglianze. Di nuovo agroecologia e transizione agroecologica si fondano sull’agricoltura biologica.
I soggetti coinvolti nelle pratiche di bioagricoltura sociale sono impegnati nella costruzione di nuovi processi di coesione sociale e sperimentano nuove forme di welfare di comunità. Le aziende agricole che praticano bioagricoltura sociale devono continuamente innovare I processi produttivi inclusivi e sviluppare le reti di commercializzazione e di distribuzione dei prodotti da agricoltura biologica con marchio etico.

L’Associazione Nazionale Bioagricoltura Sociale è un soggetto promotore dell’economia sociale nei territori. Proprio per queste ragioni saranno fondamentali le alleanze con altri soggetti della società civile che promuovono benessere e salute, equità e giustizia sociale (associazionismo, imprese sociali, sistema pubblico sanitario e dell’istruzione).
Si tratta di una visione che implica una bioagricoltura sociale “estroversa”, attenta a un welfare distributivo e assistenziale e in grado di superare le logiche delle piccole lobby.
Bisognerà, come trent’anni fa è successo per il volontariato, declinare l’agricoltura sociale al plurale: perché differenti sono i sistemi regionali di welfare, gli orientamenti, le pratiche agricole, le esperienze sociali e l’applicazione del metodo biologico deve essere una condizione irrinunciabile.
Nella proposta di un nuovo glossario/lessico dell’agricoltura sociale accanto alle necessarie attenzioni sulle misure dei PSR, all’eterogeneità delle esperienze di welfare regionale, bisognerà allargare il campo all’intera comunità locale, alle sue dinamiche economiche e di emarginazione dei soggetti più vulnerabili.

Questo e molto altro potete trovare nel Position Paper n.5 nell’articolo “Agricoltura inclusiva” (pag 123)  in Per un nuovo Welfare – Le proposte della società civile edito da Vita che sviluppa interessanti e necessarie proposte per un’agricoltura inclusiva a sostegno di un nuovo Welfare . Sono pagine dense e impegnative perché, non ci stancheremo mai di dirlo, la realtà è complessa e non esistono slogan e risposte facili.

*Salvatore Cacciola,
Presidente dell’Associazione Nazionale Bioagricoltura Sociale (BioAS) e Coordinatore del position paper sull’agricoltura inclusiva a cui hanno aderito Aiab, BioAS, Res Int, il Consorzio “Il sale della Terra” e decine di associazioni della società civile.