Finalmente il decreto c’è. Dopo una così lunga fase di incertezza e di attesa costellata da ripetuti annunci, l’approvazione del decreto rotazioni rappresenta una boccata di ossigeno. Un’altra stagione di semine con il precedente decreto in vigore e l’indefinita situazione creatasi sarebbe stata insostenibile per gli agricoltori bio italiani.
Il provvedimento, che definisce con maggiore chiarezza la questione degli avvicendamenti colturali, ha il suo principale punto di forza nel riconoscimento della pratica del sovescio nel conteggio delle colture avvicendate. Cosa che rappresenta il recupero di un grave errore contenuto nel precedente decreto e sulla quale confidavano i rappresentanti del settore riuniti nel Tavolo tecnico del biologico presso il MiPAAF.
Per il futuro sarà necessaria una riflessione sull’impalcatura del decreto che invece di basarsi sui “cicli colturali”, che sono la base delle rotazioni, si riferisce genericamente a “colture principali” terminologia mutuata dalla PAC con un allontanamento dai criteri agronomici del metodo biologico. Questo esclude, tra l’altro, il riconoscimento delle colture di secondo raccolto che entrano a pieno titolo nelle rotazioni agrarie e sono molto praticate in presenza della risorsa idrica.
“Ma i dubbi più grossi, sugli obbiettivi del DM – dice Antonio Corbari, presidente di AIAB –  ci vengono dalla equiparazione della pratica del maggese (terreno lavorato e lasciato scoperto per almeno 6 mesi quindi a rischio erosione e desertificazione) a una coltura leguminosa. Questa è la premessa per la mono successione, non certo in linea con i principi del biologico e spalanca le porte alla monocoltura cerealicola, quel modo di fare agricoltura che nello scorso secolo ha distrutto la fertilità dei suoli e, di conseguenza, la redditività di tante aziende.
Allo stesso modo non vengono menzionate le “consociazioni”, pratica oggi innovativa, di grande interesse agroecologico e di fondamentale importanza per il mantenimento della fertilità dei suoli e la resilienza delle colture, lasciando un vulnus nella definizione degli avvicendamenti”.
Inoltre il Ministero dovrebbe chiarire la questione importante delle deroghe regionali, concesse precedentemente dal MIPAAF, e di cui non c’è traccia in questo decreto ma che dovrebbero essere rimosse, anche perché genererebbero confusione depotenziando il decreto stesso.
“Insomma – conclude Corbari – va bene il passo fatto nella direzione dell’importanza che il settore sta sempre più dimostrando di avere nella produzione italiana ma ci auguriamo che il Ministero possa far luce sulle questioni rimaste irrisolte e apportare gli aggiustamenti necessari che possano rendere il metodo biologico sempre più presente nella filiera italiana, senza che questo si traduca in un allontanamento dai valori e i principi fondamentali del metodo biologico”.