Il biologico è un pilastro fondamentale dell’architettura verde della PAC post 2022 a cui bisogna garantire maggiore attenzione e maggiori risorse.
E’ questo il principale messaggio espresso oggi dalle associazioni del biologico all’interno della Coalizione #CambiamoAgricoltura,  intervenute all’incontro online “L’architettura verde della PAC Post 2022” .
L’obiettivo della coalizione è quello di puntare al 30% di superficie coltivata bio entro il 2027 (partendo dall’attuale 15,8%) e al 40% entro il 2030.
Secondo le simulazioni fatte da Federbio e AIAB per raggiungere questi obiettivi è necessario un investimento di 900 milioni di euro .
Questi risultati garantirebbero il soddisfacimento di tutti i punti del Green Deal:
la riduzione dei concimi chimici (il 25% di superficie biologica garantisce una riduzione del 20% di concimi);
la riduzione di pesticidi;
la riduzione dell’uso di antibiotici negli allevamenti;
la semplificazione burocratica (visto che il bio ha una sua certificazione non ci sarebbe bisogno di altri controlli),
ma soprattutto un approccio olistico che, in una prospettiva futura, raggiunga obiettivi ambientali e sociali a 360 gradi: tutela del suolo, capacità di assorbire CO2, tutela della biodiversità, contrasto al cambiamento climatico, rispetto dei diritti dei lavoratori.
Tutto ciò avrebbe una ricaduta non solo sulla sostenibilità ambientale ma anche sulla competitività del settore e sull’economia del Paese.
Secondo AIAB e Federbio è infatti un grave errore, nonché una concezione superata contrapporre gli investimenti sulla sostenibilità ambientale alla sostenibilità economica.
La proposta del mondo del biologico all’interno della Coalizione è quella di coinvolgere negli ecoschemi il maggior numero possibile di agricoltori ma con un approccio che garantisca l’efficacia.
Per esempio va bene che tra gli ecoschemi ci sia l’agricoltura conservativa, ma a patto che questa non utilizzi il glifosato, anche perché ormai sono moltissime le alternative all’utilizzo di questo erbicida. Allo stesso modo va bene anche l’agricoltura integrata ma senza diserbanti. Insomma non si può continuare a premiare chi fa uso di sostanze inquinanti.
Necessario poi per le associazioni del bio lo sforzo in ricerca, assistenza tecnica, innovazione e formazione, elementi essenziali da collegare all’architettura verde in una visione complessiva che vede sia le misure del primo che del secondo pilastro.
Infine ancora una volta un richiamo all’approvazione della legge sul bio.
Siamo infatti in un momento fondamentale dove il Piano strategico Nazionale può fare da sintesi per una diversa visione di agricoltura del futuro di cui l’architettura verde costituisce il motore fondamentale di cambiamento.
Per lavorare a questi obiettivi c’è però bisogno di confronto e di attivare un Tavolo e gruppi tematici da cui possano nascere proposte più avanzate. E il biologico deve essere in prima linea.