22 aprile 2022 La guerra e la crisi sanitaria non devono farci dimenticare la crisi ambientale che non è separabile dalle altre perché le alimenta e le esaspera. Lo dice AIAB in occasione della Giornata mondiale della Terra che si celebra il 22 aprile. Una terra sempre più in affanno perché sfruttata e inquinata da produzioni industriali che devono soddisfare i bisogni di una popolazione in continuo aumento.
Le stime, infatti, prevedono che nel 2050 ci saranno 9 miliardi di persone ad abitare questo pianeta. Una bella sfida dare da mangiare a tutti e soddisfare i bisogni di tanta umanità senza fare grandi danni.
Infatti fino ad ora non ci stiamo riuscendo. Basti pensare che lo scorso anno l’Overshoot Day della Terra, ovvero il giorno in cui l’umanità ha consumato tutte le risorse che gli ecosistemi naturali possono rinnovare nel corso dell’intero anno, è caduto il 26 luglio. Cioè da quel giorno fino al 31 dicembre l’umanità ha accresciuto il proprio deficit ecologico con il Pianeta.
In poche parole l’umanità utilizza oggi circa il 60% in più di quanto la terra è capace di offire: è come se sfruttassimo le risorse di 1,6 pianeti come il nostro. Negli anni questo deficit è cresciuto a ritmi drammatici con differenze sostanziali da paese a paese. Quest’anno il primato negativo è andato al Qatar che ha visto esaurire le sue risorse naturali il 10 febbraio, ma per l’Italia non va molto meglio visto che il suo overshoot day è previsto il prossimo 15 maggio.
“Se non ci decidiamo a mettere tra le priorità quella di produrre preservando e tutelando la biodiversità nei diversi ecosistemi – dice Giuseppe Romano, presidente di AIAB – ci condanniamo a un futuro di povertà, malattie ed emergenze continue. Un futuro che, in realtà, sembra già qui, considerate le crisi di questi ultimi due anni. E sul fatto che la strada da seguire debba essere la produzione bio non ci sono più dubbi ”
Non siamo più in pochi a dire che il biologico rappresenta l’unica alternativa all’attuale sistema di produzione agroalimentare basato su coltivazioni intensive altamente inquinanti e, peraltro, anche insufficienti a garantire cibo all’intera umanità. Ora siamo in tanti, ma soprattutto abbiamo il sostegno dell’Europa che nelle sue strategie Farm to Fork e Biodiversity2030 ha indicato la strada della conversione al biologico per gli Stati membri puntando su obiettivi precisi: il 25% di superficie agricola coltivata a biologico entro il 2030 per tutti gli Stati membri. Con l’Italia che potrebbe rappresentare la punta di diamante di questo cambio di passo arrivando al 25% di Sau al 2027, come proposto da AIAB, accolto dal nostro governo e valutato positivamente dall’Europa.
Naturalmente questo si traduce in un programma serio al quale ci si deve preparare con i strumenti adatti: formazione, giuste tecnologie, strumenti politici adeguati, informazione e sensibilizzazione dei cittadini che.
Tutte azioni che necessitano il giusto investimento di risorse. L’Italia a questo punto non può tirarsi indietro ma neanche mettere il freno a una tabella di marcia che ci vede impegnati non solo con l’Unione europea ma anche con i milioni di cittadini che sono pronti da tempo per il cambiamento e aspettano solo azioni concrete da parte della politica.