La strada maestra da percorrere per fermare la desertificazione dei suoli e la siccità è il metodo biologico.
AIAB, nella giornata mondiale che ci ricorda quanto la terra stia morendo di sete, e quanto questo sia causa di sofferenze, guerre, carestie e migrazioni in moltissimi paesi del mondo, non può che ricordare l’importanza del metodo agricolo biologico nella mitigazione di questi fenomeni.
Secondo il “Rapporto sul consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, pubblicato da ISPRA nel 2020 l’Italia perde 2 metri quadrati di suolo al secondo, che corrispondono a circa 16 ettari al giorno a fronte, peraltro, di una popolazione in decrescita, che non ha quindi bisogno di occupare ulteriori spazi.
Questo potrebbe significare, in alcune aree del nostro Paese, una riduzione dei raccolti fino al 50%. Senza dimenticare che il 21% della superficie, di cui il 41% al Mezzogiorno, a rischio di desertificazione.
Il biologico, oltre a non utilizzare sostanze tossiche per il terreno si basa proprio sull’alternanza delle colture, tecnica che, assicurando una produttività costante, preserva la biodiversità e rende i terreni più vivi e fertili, impedendo così l’inaridimento a cui invece si va incontro con le monocolture, lo sfruttamento eccessivo e l’utilizzo di sostanze chimiche di cui fa uso il metodo convenzionale.
Il metodo bio, oltre a mitigare i cambiamenti climatici grazie a una ridotta emissione di anidride carbonica in atmosfera, previene l’erosione del suolo, migliora la fertilità e riduce il consumo di acqua che, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, è un bene sempre più prezioso.
Quella del bio è, dunque, una strada sempre più obbligata se vogliamo invertire la rotta verso il baratro. Lo stanno capendo in molti. In Italia intanto la legge è ancora impantanata dentro sterili polemiche che nascondono interessi che nulla hanno a che fare con il bene dell’umanità.