La legge sul bio, è stata finalmente approvata lo scorso 2 marzo e questa volta i tempi del passaggio tra le due Camere del Parlamento sono stati molto rapidi, aspetto sicuramente positivo, considerate le lunghe attese che hanno visto protagonista questo testo di legge.

Ciò dimostra che alla fine, nonostante le polemiche faziose legate alla questione dell’equiparazione della biodinamica, c’è un effettivo interesse della nostra politica a sostenere un settore che rappresenta una voce di eccellenza per l’Italia. Basti pensare che, secondo gli ultimi dati pubblicati sull’ultimo bioreport il nostro paese vanta già il 15,2 % di SAU con 1993 milioni di ettari ed è il terzo Paese in termini assoluti per superfici. Inoltre, con un mercato che vale oltre 3 miliardi e mezzo di euro, rappresenta, da solo, il 10% del totale dell’intero valore del mercato bio a livello europeo. Per quello che riguarda l’export si piazza al secondo posto, dopo gli USA, nella classifica mondiale, con 2425 miliardi di euro.

Essendo dunque l’Italia uno degli Stati membri protagonisti nella produzione bio, non solo non può ignorare le forti pressioni dell’Europa alla crescita del settore, al raggiungimento dei target, indicati dalla strategia Farm to Fork, del 25% di SAU, della diminuzione del 50% di pesticidi nelle produzioni agricole e del 50% di antibiotici nella zootecnia entro il 2030, ma ne deve essere motore propulsivo.

Proprio per questo AIAB considera questo testo un punto di partenza importante ma migliorabile per far diventare il bio un protagonista a tutti gli effetti della transizione agroecologica che ci aspetta.

Il biologico è ormai un comparto strutturato del settore agroalimentare che deve trovare la propria rappresentanza al di fuori dei soli Tavoli tecnici di settore. Del resto già dal 2013, ma la legge lo conferma nuovamente, sul tavolo tecnico del bio sono presenti le organizzazioni generaliste, ciò evidenzia un reciproco interesse per la crescita del settore

La legge, che prevede inoltre il rafforzamento di specifici settori nei quali AIAB da sempre si muove da protagonista come i percorsi formativi e di ricerca e la diffusione dei distretti biologici per la valorizzazione del bio territoriale, istituisce un nuovo marchio bio italiano.

Quest’ultimo dovrebbe essere una garanzia di trasparenza sull’origine e la filiera dei prodotti, ci auguriamo però che questo sia sfidante soprattutto nell’ambito delle filiere di alto valore ma più nascoste, tipo la zootecnia e i prodotti da forno. Auspichiamo quindi che al marchio bio italiano sottintendano regole precise per farlo davvero diventare, insieme al marchio Garanzia AIAB Italia uno strumento in più per tutelare i consumatori ma anche tutte quelle aziende che hanno fatto del metodo biologico un serio strumento di lavoro e di miglioramento continuo, con intelligenza, rispetto delle regole e passione