Un nuovo, inedito e scioccante rapporto del Parlamento Britannico descrive il degrado del suolo presentandolo come un problema serio anche per il Regno Unito.
Geoffrey Lean, giornalista del Telegraph commenta affermando che solo una spanna di terriccio ci separa all’oblio, un rivestimento di fertilità normalmente profondo da sei a dieci pollici di profondità sovrastante le dure rocce dei continenti. In tutto il mondo, stiamo perdendo ogni anno l’incredibile cifra di 30 miliardi di tonnellate di esso, mentre un’area tre volte più grande della Svizzera diventa ogni anno irreversibilmente improduttiva.
Anche se questa tragedia accade soprattutto nei paesi in via di sviluppo piuttosto che in Europa, dove il clima relativamente mite e i suoli giovani emersi da un’era glaciale relativamente recente permette di scampare al peggio, la perdita di suolo è probabilmente la crisi ambientale più importante di tutte. Abbiamo sentito parlare molto dei pericoli legati all’ inquinamento dell’aria e dell’acqua, alla progressiva estinzione di varie specie animali e vegetali e degli sconcertanti cambiamenti climatici, ma raramente ci giungono avvertimenti sul suolo che calpestiamo ogni giorno.

I due fenomeni principali responsabili di questa devastazione sono la perdita della sostanza organica che conferisce al suolo gran parte della sua fertilità e la compattazione progressiva operata dal calpestio del bestiame e dal peso delle macchine agricole in movimento.
Il primo è particolarmente sconvolgente nella regione orientale della Gran Bretagna, dove il terreno naturalmente torboso, prosciugato a causa dell’agricoltura, si sta perdendo ad una velocità media allarmante di circa due centimetri l’anno. In alcuni luoghi della terra, dove un tempo la materia organica occupava uno spazio esteso fino a quattro metri di profondità, ora è “del tutto scomparsa”.
La perdita di tale sostanza organica, ovunque si manifesti, priva il terreno della sua ricchezza e riduce la sua capacità di trattenere acqua e carbonio. Se la Gran Bretagna dovesse perdere ogni anno solo l’1% del carbonio immagazzinato nella sua terra, l’effetto sarebbe equivalente a quello provocato delle emissioni annuali provenienti dai combustibili fossili, con successiva accelerazione dei cambiamenti climatici.
La compattazione, invece, che non permette all’acqua piovana di scivolare in profondità, ha provocato un aumento delle alluvioni, soprattutto nel sud-ovest britannico. Il contributo di questo fenomeno alle inondazioni, conclude il rapporto, costa al Paese una media annuale di circa £ 233.000.000. Campi coltivati ​​di mais sono particolarmente inclini ad esso: infatti, circa tre quarti ne sono colpiti e fino alla metà del sedimento che intasa i fiumi potrebbero provenire dalla crescita delle coltivazioni. Inoltre, dopo molti anni di costante aumento, le rese del frumento sono rimaste più o meno le stesse negli ultimi 8 anni, il che suggerisce che la riduzione della fertilità del suolo potrebbe esserne una causa.

Molto bisognerebbe fare per ripristinare la salute del suolo: dal ricorso a fertilizzanti organici all’ impianto di alberi nelle vicinanze, dalla rotazione delle colture alla crescita di trifoglio, veccia e di altri tipi di “sovescio”. Ma, nonostante il governo si sia impegnato a garantire che i terreni britannici siano tutti coltivati in maniera sostenibile entro il 2030, poco è stato fatto.
Secondo il rapporto, non c’è alcun monitoraggio sulle “variazioni della salute del suolo”. Né alcuna legislazione specifica Europea in materia di suoli: un tentativo di realizzazione di una direttiva, alcuni anni fa, è stato più volte bloccato dalla Gran Bretagna insieme ad altri paesi Europei.
Si tratta di una crisi che nessuno sembra voler notare sebbene la sua risoluzione potrebbe essere cruciale per il nostro benessere e per il nostro futuro.

di Maria Barletta

[Foto Creative Commons Attribution 2.0 Generic. Dalla pagina del Centro di Natural Resources Conservation Service Soil Health]