Biologica dal 1986, l’azienda AIAB Torre Colombaia, in Umbria, coltiva con metodo bio i 55 ettari di terra e poi trasforma e confeziona prodotti ormai conosciuti e apprezzati in tutta Italia.
Il suo fondatore è Alfredo Fasola che ha ereditato dai genitori a metà degli anno ‘80 il terreno che da 4 generazioni era della sua famiglia, dopo essere appartenuto ai monaci Benedettini e poi passato nelle mani di Napoleone.
Alfredo sin da subito, con una straordinaria visione del futuro, ha deciso di convertire tutti i terreni al metodo biologico.
“Facevo parte dei movimenti ambientalisti e pacifisti – racconta – e però, ritrovandomi proprietario di questo terreno decisi di fare qualcosa di concreto per i valori dell’ambiente e della sostenibilità, in tempi in cui questi temi non erano ancora parte della sensibilità collettiva. Per questo ho scelto il bio, nonostante tutti mi dicessero che era una scelta folle e perdente. Il tempo, invece, mi ha dimostrato che avevo ragione”.

L’azienda produce vari cereali: orzo farro miglio, grani antichi ma anche girasole e lino con cui realizza sia semi sia olio.
Utilizza macchinari aziendali di piccole dimensioni e artigiani trasformatori umbri o di regioni confinanti. In modo da non depauperare ma, al contrario, conservare e anzi esaltare le qualità originarie dei semi trebbiati. Infine per seminare utilizza i suoi stessi semi o altri semi antichi che scambia con agricoltori biologici.

 

“All’inizio di questa avventura – dice Alfredo – io partivo con il furgone e andavo a vendere i miei prodotti in giro per l’Italia, adesso siamo organizzati con una rete di distribuzione. La cosa interessante è che in questi ultimissimi anni si vende molto di più nei GAS rispetto ai negozi. Se prima l’80% dei prodotti si vendevano in negozio ora si vende il 60% nei Gas, il 30% nei negozi e il 10% nei mercatini locali o qui in azienda”.

Le persone, insomma, stanno cominciando a capire l’importanza della filiera corta e soprattutto di prodotti rispettosi dell’ambiente e della salute.
L’azienda inoltre ha un agriturismo che offre una ristorazione vegana.

“Abbiamo una bravissima chef e stiamo investendo molto sulla produzione di legumi, perché crediamo fermamente nella necessità di aumentare il consumo di proteine vegetali rispetto a quelle animali. Così, insieme all’Università di Perugia stiamo sperimentando le consociazioni tra cereali e legumi, per una migliore resistenza di questi ultimi”.

 

Alfredo crede moltissimo nel potere terapeutico dell’alimentazione. “Dieci anni fa ho avuto un tumore che mi stava portando via. Grazie a questa esperienza ho incontrato dei medici che mi hanno curato con l’alimentazione e con il digiuno. Così ho deciso di mettere a disposizione di tutti queste conoscenze organizzando periodicamente dei convegni sui  della salute e dell’alimentazione, invitando medici ed esperti. Un progetto che partirà appena sarà finita la ristrutturazione di un antico casale che avrà una grande sala in grado di ospitare molte persone”.
Insomma per Alfredo, non c’è dubbio: la strada da seguire se si vuole vivere in modo sano, fare il bene al Pianeta e garantire il cibo per tutti, è la produzione e il consumo di biologico.
Per questo è in stretto contatto con l’amministrazione locale per rientrare in quei capitoli del PNRR che prevedono scambi di esperienze tra agricoltori e proporre Torre Colombaia come azienda pilota per mostrare agli agricoltori convenzionali i processi produttivi del biologico.

“La mia idea non è solo quella di scambiare esperienze tra aziende simili, ma soprattutto di mettere in contatto aziende che hanno alla base un approccio diverso all’agricoltura. Per l’esattezza quelle convenzionali con quelle biologiche.
Il convenzionale ha molto da imparare da noi. Ad esempio, per quanto riguarda il problema del riscaldamento climatico e le conseguenze sulle produzioni,  il convenzionale ha dimostrato nei periodi di siccità di essere molto più vulnerabile rispetto al bio, di non riuscire a produrre con i ritmi di sempre e quindi di subire una serie di danni tra cui quelli economici.
E’ importante per noi fare rete e diffondere conoscenza. In questo AIAB è sempre stato un faro, che ci ha guidato e coinvolto in incontri di formazione ed eventi di scambio, anche sulle nuove tecnologie. Perché il bio non è più l’agricoltura bucolica che ancora molti hanno in mente ma è fondata su saperi scientifici, innovazione e tecnologia”.