Alba Pietromarchi (Firab)

Continua la crescita del mercato biologico che oltrepassa i 4,3 miliardi di euro nel 2020, in particolare spicca l’incremento del +143% nell’e-commerce; una crescita che porta l’incidenza del bio sul totale del carrello alimentare dal 2,2% del 2014 al 3,6% di quest’anno.
La pandemia da Covid19 ha prodotto una crescita dei consumi domestici di alimenti bio: 3,9 miliardi di euro (rilevazione chiusa ad agosto 2020, fonte: Nomisma), cresciuti del 7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, favoriti dalla maggiore e aumentata attenzione dei consumatori italiani verso alimenti green, locali e sostenibili. Infatti, con l’emergenza Covid, si è registrata una impennata di richieste verso il cibo bio e sostenibile, sin dal lockdown che ha visto un incremento delle vendite nei supermercati dell’11%. Di contro, il “fuori casa” è sceso a poco meno di 500 milioni di euro, -27% sull’anno precedente, risentendo drammaticamente degli effetti collegati agli impatti dello scenario causato dal Coronavirus. La distribuzione moderna (composta da Iper, Super, Specializzati e Discount), grazie alla sua capillare presenza sul territorio, si conferma leader del mercato interno bio, con 2.065 miliardi di euro di vendite nel 2020: rappresenta il 53% del mercato domestico, con una variazione del +5% rispetto allo stesso periodo del 2019, sulla base di dati Nielsen.

Secondo l’ultimo rapporto BioBank, il numero di prodotti a marchio è cresciuto, passando dai 4.300 del 2018 ai 4.700 del 2019, segnando un +8%; Coop, Esselunga e Pam Panorama sono le maggiori insegne.

Per effetto Covid-19, il negozio specializzato, dopo la decrescita registrata dal 2017, presenta una netta ripresa, con un +8% annuo. Probabilmente l’attitudine proattiva degli attori dello specializzato, unita alla capacità continua di innovarsi per fidelizzare il cliente, peraltro ben costruita negli anni, ha garantito agli specializzati uno zoccolo duro di affezionati che, nonostante il forte consolidamento della GDO, sono tornati ad acquistare i prodotti certificati nel luogo che per loro rappresenta il canale migliore dove poter trovare maggiore qualità e che sia identitario del mondo bio.

Ma chi dà – di fatto – filo da torcere alla distribuzione organizzata sono i diversi altri canali della filiera cd corta (vendita diretta che, con l’emergenza Covid19, si è aperta alla consegna a domicilio, i GAS, i siti aggregatori di produttori, etc.) che con un +10% di vendite raggiungono gli 836 milioni di euro nel 2020 e rappresentano il 22% delle vendite sul mercato domestico.

Inoltre, sono molto aumentate le richieste on line (e-commerce con un +143%) che hanno generato 46 milioni di euro. Secondo Firab sono state le medio grandi imprese, a fronte di una capacità tempestiva di riorganizzare il proprio business, a riuscire a soddisfare mediamente con maggiore facilità il canale dell’e-commerce e la logistica per la consegna a domicilio.

Diversamente, si registra il brusco calo del 27% per il canale della ristorazione commerciale e collettiva, sceso da 667 milioni di euro, registrati ad agosto 2019, a 487 milioni di euro, agosto 2020, sulla base degli ultimi dati forniti al SANA, a fronte dell’impatto dei mesi di lockdown per i pubblici esercizi e agli effetti collegati alla didattica a distanza per il segmento della ristorazione collettiva.

I consumatori italiani, secondo l’Ismea, hanno continuato a premiare il biologico nel fresco (frutta, +2,1% e ortaggi, +7,2%) e in alcune categorie specifiche, da tempo tra le più richieste del settore (come le uova, +9,7%). Inoltre, durante il lockdown della scorsa primavera, gli italiani a casa mettono “le mani in pasta” e si registra una crescita degli acquisti di tutti gli ingredienti necessari per la produzione casalinga di pasta o pizza (farine bio +92%, base e pizze +63%).

La crescente sensibilità a favore della tutela ambientale sembra accrescere il grado di fiducia dei consumatori nella certificazione biologica che, come sappiamo, beneficia della presenza di un sistema di certificazione comune tra i Paesi UE, che disciplina in modo chiaro e comprensibile il metodo di produzione, l’etichettatura e il controllo.

Ricordiamo che l’Italia è leader europeo per numero di coltivatori biologici (oltre 70.000) e di imprese di trasformazione (oltre 10.000); nel complesso, 80 mila operatori (+2%) e 2 milioni di ettari coltivati (+2%), pari al 15,8 % della superficie agricola utilizzabile nazionale. Ettari coltivati per oltre il 60% a prati pascolo (551mila ha), colture foraggere (397mila ha) e cereali (330,3mila ha). A queste categorie seguono, per estensione, le superfici biologiche investite a olivo (ca 243mila ha) e a vite (109,4mila ha).

L’agricoltura biologica, quindi, rappresenta un tassello sempre più importante dell’agroalimentare italiano di qualità, come ci confermano i dati.

Il rischio, però, è che la forte domanda di agroalimentare bio sia coperta da prodotti biologici di importazione a scapito del bio Made in Italy. I dati Sinab, appena pubblicati nel “Bio in cifre 2020”, ci indicano un incremento del 13% delle quantità totali importate da Paesi terzi rispetto al 2018. Tale crescita è da attribuire all’aumento di importazioni di colture industriali (+35,2%), cereali (16,9%) e “caffè, cacao, zuccheri, tè e spezie”(+22,8%). I cereali, le colture industriali e la frutta fresca e secca sono le categorie di prodotto biologico più importate, con un’incidenza rispettivamente del 30,2%, 19,5% e 17%.

Per quanto riguarda l’export bio, l’Italia è al secondo posto con 2,629 miliardi di prodotti esportati (dopo gli USA, con 2,981) con +7% rispetto all’anno precedente, contro una variazione del +4% registrata dall’export agroalimentare nel suo complesso (43 miliardi di euro nel 2019, dati Nomisma).

Promuovere il ricorso a materia prima italiana certificata riducendo i volumi delle importazioni rappresenterebbe un ulteriore stimolo di crescita al comparto e concorrere al raggiungimento del target del 25% di superficie investita a coltivazioni biologiche, indicato appunto nella strategia Farm to Fork, uno dei pilastri del New Green Deal: è questa un’occasione da non perdere.

“E’ senz’altro un segnale positivo – dice Antonio Corbari, presidente di AIAB – perché i consumatori sono sempre più consapevoli di quanto sia importante fare la spesa scegliendo prodotti sani per la salute e per l’ambiente.

Proprio per questo è paradossale che non ci sia da parte della politica (italiana ed europea) un convinto sostegno al settore bio. Ci auguriamo davvero che la Commissione cancelli le ultime decisioni del Parlamento Ue e si riallinei sui valori del GreenDeal e del #FarmToFork, così come più volte chiesto dalla Coalizione #CambiamoAgricoltura

Corbari richiama infine l’attenzione sui tranelli della Grande Distribuzione Organizzata. “Anche quando acquistiamo bio nei supermercati – dice – rimaniamo vigili sulle garanzie di equità e del giusto riconoscimento a chi produce e a chi lavora”.