OGM: il passo indietro dell’Italia
L’Italia ha votato sì al mais BT11 della Syngenta e al 1507 della DuPont Pioneer, e ha anche votato sì al rinnovo dell’unico OGM al momento ammesso per la coltivazione nell’Unione europea, il mais MON810 della Monsanto. Tutto questo, nonostante il divieto vigente di coltivazione OGM.
Per fortuna, durante la votazione europea, la maggioranza non è stata raggiunta e quindi, per ora, il voto italiano non avrà conseguenze, ma certo è stata una doccia fredda per tutti noi che da sempre ci opponiamo al transgenico, nonché un notevole passo indietro nelle politiche agricole e nelle posizioni prese dall’Italia fino ad ora, in sede Europea.
Per fortuna da noi si continua ad avere il divieto di coltivazione in pieno campo ma persiste una situazione ibrida perché, mentre se ne vieta l’uso, si importano semi ogm per la mangimistica.
Fatto sta, che si continuano a fare regali alle multinazionali, che in qualche modo devono ammortizzare il loro vecchio know-how.
Ad aggravare la situazione c’è il fatto che questi nuovi semi OGM sono anche molto poco validi dal punto di vista agronomico, come dimostrano anche i dossieri che le stesse ditte hanno presentato. Si tratta inoltre di sementi, per nulla innovative selezionate lontano dalle esigenze produttive e imposte agli agricoltori.
Tutti ormai sanno che affidare la resistenza a un solo gene significa ottenere, nel breve periodo, un adattamento della natura che porta inevitabilmente all’inutilità di questa tipologia di semi.
Last but not least, la coltivazione di questi semi si basa sull’uso del glifosato, l’erbicida definito cancerogeno dallo IARC e per il quale stiamo portando avanti un’aspra battaglia, insieme a circa 40 associazioni, per il definitivo divieto di utilizzo in tutta Europa.
Di Vincenzo Vizioli