Nella distrazione da pandemia, decreti di Natale e Mes, le Commissioni Agricoltura di Camera e Senato stanno discutendo di tre proposte di Decreto legge (bozze num 208,211, 212) su sementi e materiale di propagazione (sementi, vite e piante da frutto). Nessuna ha alle spalle un dibattito o, a quanto è dato sapere, un confronto con le parti in causa o con il mondo del biologico né con quello ambientalista, che da tempo pongono la delicata questione delle sementi e che si sono mobilitati su OGM e NBT (New Breeding Techniques).
Solo grazie alla vigile attenzione di agricoltori informati e alla sensibilità di alcuni parlamentari siamo venuti a conoscenza della discussione che temiamo strategicamente proposta a ridosso delle ferie natalizie e in un periodo oggettivamente difficile per comunicazioni e confronto. Per di più con tempi strettissimi di votazione, decisamente inopportuni vista la complessità e corposità della materia. Sembra infatti che l’intenzione delle Commissioni parlamentari sia di votare il prossimo 12 dicembre.
AIAB e Greenpeace chiedono con forza al Governo il ritiro dei testi in discussione, ai parlamentari in Commissione di bocciarli senza improbabili e poco efficaci tentativi di aggiustamento. Temi del genere vanno discussi apertamente, nel rispetto della volontà dei cittadini e con trasparenza.
Le proposte trattano in modo confuso temi complessi e delicati, tanto che si potrebbe pensare a una scarsa conoscenza della materia da parte dell’estensore. Si cerca infatti di regolamentare la commercializzazione in Italia di materiali geneticamente modificati (OGM) di cui è vietata la coltivazione, quindi la vendita. Peraltro in attesa di un quadro armonizzato in Europa alla luce della sentenza delle Corte di Giustizia Europea del 25/7/2018 e senza che sia ancora stato definito in maniera chiara il dispositivo normativo. Ci sono molti delicati aspetti da chiarire non ultimo il divieto di coltivazione e l’obbligo di tracciabilità ed etichettatura dei prodotti derivanti.
Per questo stupisce molto il silenzio assordante delle associazioni di categoria agricole di fronte alla frettolosa e approssimativa fuga in avanti.
Le proposte riprendono sin dall’incipit questioni ampiamente dibattute come la coesistenza tra OGM e altre colture, tipiche e biologiche, citando la legge 5 del 2005, appunto sulla coesistenza, dichiarata incostituzionale dalla Suprema Corte nel 2006.
Totalmente dimenticate le sementi contadine evidentemente di scarso interesse commerciale ma di altissimo valore per tipicità, biodiversità e capacità di adattamento. Così come non si tiene conto dei materiali evolutivi, meglio conosciuti come miscugli, che rientrano a pieno titolo nella normativa europea sul bio.
Siccome è semplicemente offensivo pensare che al Mipaaf e nel Governo ci siano persone ingenue che ignorano, non solo il parere contrario, più volte espresso dai cittadini e dal mondo del biologico e dell’ambientalismo, ma leggi in vigore, sorge immediatamente il sospetto che ci sia in atto un nuovo tentativo fraudolento di sdoganamento di OGM travestiti da NBT.
Altrimenti non si capisce perché si debba disciplinare la commercializzazione di sementi e materiali di propagazione che nel nostro paese non possono essere coltivati.
Al netto di tutte le contraddizioni sin qui rilevate, qualora si volesse seriamente affrontare questo tema, ci preme sottolineare con forza che nelle proposte di Decreto sono assenti tutte le tematiche relative alla tracciabilità e ai protocolli di laboratorio per verificare il tipo di modifica genetica effettuato e la verifica che non ci siano modifiche accidentali disseminate nel genoma; l’obbligo di dare atto del processo seguito per l’ottenimento delle varietà OGM con ogni riferimento alle tecniche utilizzate; test per la tracciabilità di eventuale materiale accidentale in campo; riferimenti su come eseguire le prove sperimentali in campo aperto visto che in Italia non potranno essere effettuate né potranno essere moltiplicati materiali in vitro senza strutture quali serre e laboratori di contenimento.
E’ chiaro a tutti che l’informazione, se non completa, non permette alcun tipo di controllo. Queste mancanze, tra l’altro, fanno “scopa” con l’irrisorietà delle sanzioni. Da 1000 a 6000 euro per l’ortofrutta se si omette di identificare il materiale GM. Non c’è bisogno di essere grandi multinazionali per togliersi lo sfizio di infrangere le regole.
OGM e NBT non sono l’innovazione a cui pensiamo per mettere in atto un vero Green deal e avviare quella transizione ecologica sana che tutti a parole auspicano.
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