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non au glyphosate dsherbantTre cittadini querelano il Ministero dell’Agricoltura cinese perché non rende pubblico il rapporto tossicologico che 27 anni fa autorizzò l’utilizzo del glifosato nel Paese. La notizia non è affatto di secondo piano, perché non capita tutti i giorni di vedere il governo cinese denunciato da privati ​​cittadini. Inoltre, il caso scoppia proprio mentre sta montando l’allarme dell’opinione pubblica mondiale sul glifosato, il principio attivo dell’erbicida Roundup. Tutto nasce dal rapporto choc della IARC, l’Agenzia per la ricerca sul cancro che opera sotto l’egida dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS). Lo studio ha classificato il glifosato come «probabilmente cancerogeno per gli esseri umani», facendo infuriare Monsanto, che sulle vendite del Roundup ha costruito un business di 5 miliardi l’anno (sono 16 se si tiene conto anche delle sementi OGM che vanno in coppia con il diserbante). Infatti, l’azienda ha chiesto il ritiro dello studio IARC, accusando l’agenzia di produrre «scienza spazzatura».

Ma i dubbi si addensano su tutte le approvazioni da parte delle agenzie americane, europee e adesso anche cinesi, vista la consuetudine delle aziende produttrici di erbicidi e pesticidi ad infiltrare nei comitati scientifici esperti a loro libro paga.

In Cina, il timore nei confronti degli OGM è già stato manifestato in passato, ed ora esplode nuovamente con questa citazione in giudizio da parte ad opera dei tre coraggiosi cittadini. Parallelamente, il governo è impegnato in un’opera di comunicazione di massa che intende far passare gli organismi geneticamente modificati – in gran parte ancora vietati – come elemento cruciale per la sicurezza alimentare. Non va dimenticato che il brevetto sul glifosato è scaduto nel 2000, ed oggi la Cina è il più grande produttore del diserbante.

La Cina insabbia gli studi sul glifosato_I segreti del governo sul glifosato

«Il governo sta prendendo misure per affrontare altre questioni di sicurezza alimentare, ma non si sta occupando del problema OGM», ha detto Yang Xiaolu, 62 anni, attivista di lunga data e parte del terzetto di querelanti.

Insieme a Li Zhen e Tian Xiangping, Yang chiede che il Ministero dell’Agricoltura renda pubblici i risultati della sperimentazione animale che il dicastero ha citato come prova a sostegno dell’approvazione del Roundup nel 1988. Il rapporto è stato fornito direttamente da Monsanto, e pare quantomeno dubbio che il produttore non tenti in ogni modo di piazzare una merce che gli consente guadagni miliardari. Il ministero ha già rifiutato di mostrare le carte, sostenendo che questo violerebbe il segreto commerciale dell’azienda.

La Corte Intermedia del Popolo n.3 di Pechino ha acconsentito a valutare la causa, ma la data dell’udienza non è stata ancora fissata. Nonostante la coraggiosa mossa degli attivisti, rimangono grandi incertezze in merito a un loro successo. Questa settimana, infatti, un tribunale di Pechino si è pronunciato contro una richiesta simile, avanzata dall’avvocato Huang Leping che chiedeva al Ministero dell’Agricoltura di rivelare dettagli sulle importazioni di colture OGM e sui piani governativi per consentirne la coltivazione in Cina.

L’erbicida Roundup è ampiamente utilizzato per irrorare colture geneticamente manipolate come la soia, creata per resistere alla sua azione più delle erbe infestanti. Questo permette agli agricoltori di uccidere le erbacce senza perdere il raccolto. La Cina importa circa il 65 per cento della soia commerciata del mondo.

(rinnovabili.it)