Sulla questione uova da sempre c’è una discussione molto attiva ma anche molto confusa; cosa rende le uova bio realmente differenti dalle “normali”?
In prima analisi c’è da dire che non sempre le uova che si trovano nei mercatini di ortofrutta rionali sono di origine biologica, in secondo luogo per legge le uova devono avere un determinato marchio (per esempio se il numero iniziale del codice è 3, vorrà dire che sono uova di galline allevate in gabbia). Non dobbiamo farci ingannare dalle immagini, da etichette a o dalla pubblicità: le uova hanno un’etichetta, un codice identificativo che ci fornisce informazioni molto precise sulla loro produzione e sulla loro provenienza.
Ecco una guida per “districarsi” tra i vari numeri/codici delle uova:
3 per le galline allevate in gabbia (o batteria);
2 per le galline allevate “a terra”;
1 per le galline allevate all’aperto in maniera intensiva;
0 per le galline allevate all’aperto in maniera estensiva e con mangime biologico.
Quindi è chiaramente condivisibile annunciare che possono essere legittimamente etichettate come “biologiche” solo le uova con primo numero di codice 0. Le galline allevate in gabbia sono spesso e volentieri rinchiuse in spazi angusti e atroci (spesso in questi “lager” ad ogni gallina è riservato circa 450 cm quadrati di spazio). Nella loro “vita” di macchine produci-uova, questi animali non potranno mai aprire le ali, razzolare, appollaiarsi, deporre le uova in un nido. Accalcate le une sulle altre, le galline impazziscono e diventano aggressive: si beccano tra loro, si spennano e si cannibalizzano (per evitarlo, a volte vengono “debeccate” alla nascita). Insomma, queste povere galline vivono una vita a dir poco miserabile.
Per fortuna sembra arrivare uno spiraglio di luce e di cambiamento, a confermarlo è un esauriente dossier della Lav, che evidenzia come il consumo di uova di batteria sta diminuendo a favore di uova prodotte da sistemi alternativi, anche se queste assorbono ancora una fetta minoritaria del mercato. Solo in Italia infatti, le galline costrette in gabbia sono ancora 40 milioni (circa il 90%).
Ma per avere uova sane e buone non basta evitare solo l’allevamento a batteria, esistono anche le galline allevate a terra che sono tenute in capannoni (in un capannone ci possono stare anche 20.000 o 30.000 polli) e che sono illuminati artificialmente. Quindi una produzione di uova stimolata modificando il loro bioritmo attraverso la regolazione della luce e del riscaldamento: per le galline allevate a terra, proprio come per le loro colleghe ingabbiate, il giorno dura molto di più, e così la stagione calda. In questo modo sono spinte a produrre molte più uova di quelle che produrrebbero in natura, in più questo tipo di allevamento non consente agli animali l’accesso all’aperto, aumentando la possibilità di concentrazione di vapori di ammoniaca nell’aria.
Un drastico cambiamento si ha con gli allevamenti all’aperto, anche se c’è una certa differenza tra quelli intensivi ed estensivi: nel primo caso (uova codice 1) le galline sono libere di razzolare tra la vegetazione, ma il mangime è convenzionale e lo spazio a disposizione per ogni gallina è di 2,5 metri quadri.
Le uova biologiche (codice zero) vengono invece da allevamento estensivo, che comporta:
fino a 10 metri quadri per gallina;
mangime biologico (cereali e mais senza additivi chimici, amminoacidi sintetici, OGM e farine di pesce);
maggiori garanzie per il benessere degli animali;
maggiori garanzie per la nostra salute, perché il settore biologico è molto più controllato e deve essere certificato per legge.
In conclusione, la maggior parte delle cascine che allevano le galline, sono in gran parte delle piccole aziende, dotate di tutti gli strumenti e i macchinari tipici dell’allevamento intensivo: quindi, prima di acquistare delle uova al mercato, dall’alimentari o al mercato leggiamo sempre bene le etichette. Un uovo biologico costa in media 35 centesimi, solo due o tre centesimi in più di un uovo proveniente da allevamento a terra, due o tre centesimi che possono fare un’enorme differenza.
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