Nella produzione di grano bio l’Italia è leader mondiale. Ha registrato tra il 2015 e il 2016 – in controtendenza con il calo produttivo del resto del mondo – una crescita del 48% (passando da 122mila a 179mila ettari). In particolare l’uso di antiche varietà di grano è cresciuto nel mondo, e in particolare in Italia, negli ultimi 20 anni, del 250% con grani antichi ora utilizzati nella pasta, nel pane e persino nella pizza.
I grani antichi sono varietà di cereali molto pregiate, diverse dai cereali ‘moderni’ per il loro sapore e profumo oltre che per le loro proprietà nutrizionali. Le moderne varietà, infatti, sono state tendenzialmente selezionate in località molto lontane dagli ambienti di coltivazione e coltivate con sistemi agronomici convenzionali. Questo ha comportato spesso difficoltà di adattamento nonché esclusione del metodo biologico.
Le varietà e popolazioni antiche, i cui genotipi sono più adattati all’ambiente se selezionati o adattati a tal scopo, presentano migliori caratteristiche qualitative e nutrizionali tanto da risultare più adatte a persone con intolleranze ai cereali, sempre più diffuse tra la popolazione.
Proprio perché studi recenti hanno evidenziato il loro profilo nutrizionale più sano rispetto alle varietà di grano moderne e perché è dimostrato che pur mantenendo un elevato contenuto proteico, queste varietà mostrano un glutine facilmente digeribile e meno tossico vi è un interesse sempre più crescente per le varietà antiche di grano.
In quest’ottica la filiera cerealicola biologica si arricchisce di varietà antiche e popolazioni di frumenti, farro e altri cereali minori, aprendosi a nuove colture, attenta a cogliere i cambiamenti in atto negli stili alimentari. Recentemente si assiste, infatti, al crescente ricorso a orzo, sorgo, avena, grano saraceno e grani antichi e miscugli (“sarebbe meglio dire popolazioni evolutive, raccolte di semi di varietà diverse, che una volta piantate all’interno di un campo, si incrociano in maniera naturale e vengono influenzate dalle caratteristiche pedo-climatiche del luogo”. Ceccarelli, cit.).
Si tratta, inoltre, di un nuovo approccio sostenibile, in cui l’agricoltura diventa sempre più custode di biodiversità.
L’agricoltura bio è, dunque, sempre più in prima linea, sul fronte ambientale e su quello della salute, dando sempre più spazio al concetto di diversità bio-colturale e culturale, e con l’obiettivo di offrire una prospettiva più ampia alla conservazione della biodiversità e allo sviluppo sostenibile.
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