La diminuzione degli insetti impollinatori è un fenomeno che rischia di compromettere la sicurezza alimentare delle future generazioni. Se il calo delle popolazioni di api è stato giustamente enfatizzato, non meno importante è la funzione impollinatrice di farfalle, falene e coleotteri.
In particolare, ha suscitato l’interesse di scienziati, di associazioni ambientaliste, ma anche di comuni cittadini, il preoccupante declino della farfalla monarca (Danaus plexippus), divenuta un po’ il simbolo di Canada e USA, famosa per la straordinaria migrazione di massa che in ogni inverno porta milioni di questi animali dall’America del Nord in California e in Messico, compiendo un viaggio di 4-5 mila chilometri, per svernare.
La farfalla monarca comincia la sua vita come uovo deposto sulla Asclepias syriaca, un erba infestante che costituisce quasi esclusivamente l’unica fonte di alimentazione delle larve. L’adozione su larga scala di erbicidi sarebbe la causa principale della diminuzione di oltre l’80% del numero di uova depositate.
Lo Studio (Beauty with benefits: butterfly conservation in Washington State, USA, wine grape vineyards) pubblicato sul Journal of Insect Conservation e condotto dalla Washington State University, indica che tali farfalle, come molte altre specie di lepidotteri, stanno avendo degli inaspettati alleati nei produttori di vino.
Secondo i ricercatori, i vigneti che sperimentano sistemi colturali biologici, con azioni di lotta sostenibile ai parassiti hanno visto triplicare le varietà e quadruplicare la quantità di farfalle presenti, rispetto a quelli condotti a viticoltura convenzionale.
“La conservazione delle farfalle sta diventando un problema perché tutte le specie sono in declino – ha dichiarato David G. James, Professore presso il Dipartimento di Entomologia della WSU e principale autore dello Studio, che trent’anni fa si laureò con una tesi proprio sulla farfalla monarca – L’habitat naturale è stato stravolto dall’agricoltura intensiva. Bisogna trovare il modo di invertire questo trend. La nostra ricerca dimostra che il settore agricolo può convivere con l’ecologia naturale, contribuendo a preservarli e conservarli”.
Per controllare le infestazioni parassitarie, i viticoltori pionieri dello Stato di Washington (tale pratica si sta sviluppando anche in California) hanno diffuso attorno ai propri vigneti piante arbustive tipiche delle praterie, che attraggono gli insetti “buoni”, come le vespe, che si nutrono a loro volta di insetti “cattivi”, quali le cocciniglie. L’effetto collaterale è che questi vigneti vedono il ritorno di altri abitanti delle praterie (come artropodi predatori e parassitoidi) che nel frattempo non si erano più avvicinati alle aree agricole condotte con metodi industriali.
L’aumento del numero di farfalle presenti sulle piante autoctone reintrodotte attorno al vigneto, quantunque non abbia un diretto vantaggio economico per i viticoltori, hanno un’importanza notevole per la salute dell’ecosistema e per l’attrattività turistica, visto che sono sempre più numerose le aziende che invitano a visitare le cantine e i vigneti, verificando dove il vino viene prodotto. La sostenibilità ambientale proclamata dell’azienda non è direttamente percepita dal consumatore, mentre il ripristino degli habitat naturali nelle aree sotttoutilizzate e attorno ai vigneti, nonché vicino alle sale di degustazione, costituisce la prova tangibile che l’impresa è veramente in armonia con l’ambiente.
“Avere farfalle che svolazzano tutt’attorno può costituire un driver turistico e un’attrattiva per i visitatori – ha aggiunto James – In un momento in cui l’agricoltura biologica suscita maggior interesse nei consumatori che non vogliono prodotti alimentari trattati con pesticidi, la presenza delle farfalle costituisce il simbolo di questa conduzione sostenibile”.
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