Introduzione
L’agricoltura biologica è caratterizzata dall’esistenza di un sistema di certificazione ufficialmente riconosciuto e regolamentato da norme pubbliche. In Europa il regolamento 2092/91, poi sostituito dal 834/07 rappresenta la normativa di riferimento ma il modello di certificazione attualmente applicato all’agricoltura biologica risulta troppo complesso e costoso sia in termini economici che di tempo per i piccoli produttori europei e del sud del Mondo,. Alcune delle piccole aziende nelle aree marginali rischiano di chiudere, mentre quelle nelle aree urbane di allontanarsi dal settore biologico. Nasce dunque, l’esigenza di innovare il sistema di certificazione biologico, mettendo a punto altri sistemi di certificazione da affiancare a quello attuale. La certificazione partecipativa, se dovutamente gestita, può essere una opportunità interessante per le realtà che scelgono il biologico come forma di azione collettiva, basata su un rapporto diretto e fiduciario tra produttori e consumatori come quelle dei Gruppi di Acquisto Solidali (Gas) e dei Distretti di Economia Solidale (Des). In questo senso si presenta la sperimentazione che grazie ad un finanziamento della Fondazione Cariplo, è stata realizzata nel contesto delle reti di economia solidale della Brianza, con la collaborazione dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (Aiab).
Innovare il sistema di certificazione biologica
L’agricoltura biologica rappresenta un modello di produzione alternativo che non ha simili nel settore dell’agroalimentare e questa forza gli è data dall’esistenza di un sistema di certificazione che lo caratterizza fortemente. Questo sistema è nato con l’idea di garantire il rapporto fiduciario tra produttore e consumatore e, nonostante il processo di istituzionalizzazione del biologico europeo attraverso la definizione prima del Reg. 2092/91 e poi del Reg. 834/2007, abbia portato a volte alla razionalizzazione e semplificazione dei principi del biologico (Allen e Kovach, 2000) per rispondere alla necessità di trasparenza di un settore in rapida crescita economica, la certificazione rimane la caratteristica fondamentale.
Poiché il biologico può rappresentare il settore di punta nell’innovazione agricola verso la sostenibilità, anche il modello di certificazione può essere soggetto a modifiche nel tempo, legate alle condizioni socio-culturali ed economiche. L’attuale modello di certificazione è diventato obiettivamente un ostacolo allo sviluppo del settore e per questa ragione il movimento del biologico a livello mondiale, ma anche le associazioni dei produttori a livello nazionale, si stanno interrogando da anni sulle possibilità di sviluppare modelli di certificazione alternativa a quella di parte terza, che possano essere sviluppati in parallelo.
Nel 2009 Aiab ha realizzato uno studio sull’evoluzione del sistema di controllo in agricoltura biologica “Le nuove frontiere della certificazione”, di cui ha presentato i risultati in un convegno dallo stesso titolo, finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali a Roma, nel novembre 2009. Le tre proposte dello studio sono state: la semplificazione burocratica per le piccole aziende totalmente bio (Aiab, 2009), l’attivazione della certificazione di gruppo anche nel contesto europeo (l’attuale regolamento del biologico permette questo approccio solo per i prodotti importati dai paesi terzi) ed infine la diffusione dei Sistemi Partecipativi di Garanzia (Spg). Mentre i primi due interventi rimangono dentro i confini delimitati dal regolamento europeo, l’ultimo approccio ne è al di fuori. Questo significa che un prodotto garantito secondo il metodo Spg non è attualmente certificabile biologico, anche se l’agricoltore adotta in campo gli standard del regolamento europeo.
Oltre 400 milioni di contadini nel mondo praticano un’agricoltura contadina, con tecniche ammesse nel biologico, ma di questi solo 1,8 milioni sono biologici certificati (Ruggieri, 2012). Questi produttori sono numerosi anche in Italia dove in media la dimensione dell’azienda agricola è di 7,9 ha, mentre quella delle aziende biologiche è di 18 ha (Istat, 2011). Nelle campagne italiane le piccole aziende rischiano di chiudere o comunque di uscire dal sistema di certificazione biologico causa degli eccessivi oneri finanziari e burocratici imposti dal sistema di certificazione attualmente in uso. Spesso, infatti, il sistema di certificazione di parte terza diventa particolarmente complesso nel caso di piccole aziende miste, che integrano produzioni vegetali ed animali, caratterizzate da un’alta diversificazione della produzione e dei redditi che è in linea con i principi dell’agricoltura biologica. L’eventuale perdita di una gran parte di tali aziende rischierebbe di favorire la deriva verso la cosi detta “convenzionalizzazione” dell’agricoltura biologica (Darnhafer et al., 2009) con le dovute conseguenze di immagine, di mercato e di coerenza del settore.
I sistemi di garanzia partecipativa (Spg)
I sistemi di garanzia partecipativa (Spg) possono rappresentare un’opportunità interessante per tutte quelle realtà che oggi in Italia criticano il sistema di certificazione pur sposando la filosofia ed i principi dell’agricoltura biologica (Ifoam, 2005). I sistemi agricoli biologici sono strettamente collegati ai contesti socio-culturali ed economici tanto quanto alle caratteristiche agro-climatiche. Questo facilita lo sviluppo di reti di relazioni particolarmente intense che favoriscono l’interazione all’interno di sistemi sociali, economici ed ambientali (Dore et al., 2011). In contesti in cui le comunità locali sono direttamente coinvolte non solo nel consumo di prodotti biologici, ma anche nella definizione delle strategie di sostenibilità locali (Magnaghi, 2000), i sistemi di garanzia partecipativa possono essere applicati anche in Italia ed in Europa.
La International Federation of Organic Agriculture Movements (Ifoam) definisce i “Sistemi di Garanzia Partecipativa come in grado di assicurare la qualità a livello locale. Tali sistemi certificano i produttori attraverso la partecipazione attiva degli stakeholders e sono basati sulla fiducia, le reti sociali e lo scambio di conoscenze.” (Pgs TaskForce – Ifoam Owc 2008).
Questo sistema di certificazione, viene definito di parte “seconda” in contrapposizione al sistema classico di parte “terza” dove il tecnico controllore deve garantire l’assenza di conflitto di interesse con il produttore che certifica, nel senso che non deve avere rapporti di consulenza tecnica, ne tanto meno rapporti commerciali. Nell’approccio Spg, invece, sono i colleghi produttori e gli stessi consumatori che operano la certificazione. Le differenze tra i due approcci sono evidenti poiché gli Spg garantiscono lo scambio di conoscenze tra le parti in gioco (il produttore che visita fornisce, ma anche riceve anche informazioni tecniche utili), si basa sulla fiducia tra le parti e contempla l’accompagnamento al rispetto totale delle regole condivise, coinvolge nel processo tutte le parti interessate e si basa essenzialmente su un ambito locale. L’approccio Spg non è da confondere o da paragonare ad un sistema di autocertificazione da parte del produttore (certificazione di parte prima), non plausibile con un sistema di produzione biologico che intenda fornire al cittadino consumatore il massimo della garanzia possibile.
I sistemi di garanzia partecipativa si sono sviluppati in maniera indipendente in diversi paesi del mondo fin dagli anni ’70. In una fase del processo di sviluppo più recente, iniziata intorno al 2004, l’osservazione e l’approfondimento delle esperienze esistenti in diversi paesi da parte di uno specifico gruppo di lavoro all’interno di Ifoam ha portato a definire gli elementi comuni, dandogli un riconoscimento all’interno del settore biologico. Questi sistemi di certificazione sono molto flessibili in quanto creati direttamente dai produttori e dai consumatori che ne fanno uso ed adattati alle caratteristiche geografiche, politiche, economiche e culturali in cui sono stati sviluppati. In questo senso l’approccio del gruppo di Ifoam è stato quello di valorizzare la diversità dei meccanismi secondo cui un sistema di garanzia partecipativa può funzionare, mantenendo l’obiettivo comune di garantire i consumatori di prodotti biologici attraverso un sistema credibile. Questo atteggiamento incoraggia la possibilità che tale sistema possa rappresentare un interessante esempio di sistema di innovazione e conoscenza in agricoltura (Leewis, 2004), soprattutto nei contesti in cui sono presenti produttori locali che praticano la vendita diretta. La partecipazione dei consumatori e dei produttori che sta alla base del processo di certificazione rappresenta una opportunità di formazione continua per i partecipanti attraverso una costante interazione.
Le esperienze di sistemi di garanzia partecipativa attive a livello globale sono circa una trentina e la maggior parte sono localizzate nei paesi del sud del mondo, guidati da Brasile e India dove il problema dei costi di certificazione è maggiormente sentito dai piccoli produttori (Ifoam, 2009). recentemente si stanno osservando alcune interessanti sperimentazioni di Spg anche in Nord America ed Europa. Attualmente sono circa 25.000 i produttori certificati secondo questo sistema, con una netta prevalenza di esperienze in Sud America (16 progetti attivi) e di numero di produttori coinvolti in Asia (intorno ai 15.000 di cui oltre 5000 in India). In Europa è presente una delle prime esperienze di questo tipo che fa capo all’associazione francese “Nature et Progrès”: questa associazione ha scelto fin dal 1972 di utilizzare un sistema di certificazione alternativo a quello di parte terza e gli 830 produttori francesi associati che seguono i principi del biologico ed hanno scelto la filiera corta, sono rimasti al di fuori della normativa europea sul biologico. Negli ultimi anni alcune sperimentazioni sono state portate avanti in altri paesi europei, in particolare in Spagna e Italia.
La sperimentazione italiana di Sistemi di Garanzia Partecipativi
Durante la definizione dello studio realizzato nel 2009 (Aiab, 2009) sono state realizzate a Roma e a Genova attività di formazione e di sperimentazione pilota dell’ applicazione dell’approccio Spg, creando buon interesse sia tra i produttori che tra i consumatori. L’occasione per condurre una sperimentazione completa, con il coinvolgimento di tutti i gruppi di interesse degli Spg:produttori, consumatori e associazioni del biologico è arrivata con il progetto “Per una pedagogia della Terra”, gestito dai Des (Distretti di Economia Solidale) di Como, Monza e Varese. In tale contesto il grado di apprendimento dei temi propri della Community Supported Agriculture, della solidarietà, degli acquisti consapevoli e della filiera corta è già molto diffuso e acquisito, grazie all’esperienza ormai pluridecennale dei Gas locali (Gruppi di Acquisto Solidale). Il ruolo di Aiab nella sperimentazione è stato quello di facilitare l’apprendimento del metodo di produzione biologico, del regolamento europeo di produzione e di accompagnare il processo definendo lo standard di riferimento e la redazione dei documenti di certificazione. Il lavoro in campo è stato interamente svolto dai consumatori e dai produttori coinvolti nei Des.
La sperimentazione lombarda sui Spg è iniziata con un processo formativo generale di tutti i partecipanti ai Des sui temi della certificazione, sulla tecnica biologica e sul regolamento biologico, in maniera da garantire a tutte le componenti del sistema una conoscenza uniforme. La formazione è stata tenuta da tecnici di Aiab.
La seconda fase è stata la definizione della struttura del sistema di garanzia, modellato all’esperienza e alle esigenze dei gruppi coinvolti. Lo standard di riferimento scelto è stato il regolamento europeo 834/2007 integrato con la carta d’impegno del marchio volontario garanziaAiab, che contempla esclusivamente le aziende che adottano il metodo biologico sull’intera superficie aziendale. Lo standard è stato definito da Aiab semplificando il regolamento europeo ed utilizzando la necessaria flessibilità senza diminuire la rigorosità delle regole. L’intento è stato di rendere equivalenti le regole di controllo Spg con quelle del regolamento.
Sullo standard sono state poi definite una carta d’impegno per l’azienda che aderisce al sistema ed un manuale di visita per il gruppo di visita.
La struttura Spg nella sperimentazione lombarda prevede la definizione di diversi gruppi di visita formati da un produttore (dello stesso indirizzo produttivo dell’agricoltore visitato), un consumatore ed un tecnico. La figura del tecnico è stata considerata fondamentale per la fase di avviamento del processo e per le prime due visite per ogni singola azienda. Il gruppo di visita formato all’interno di un comitato, ha la funzione di visitare produttori appartenenti ad altri comitati, per garantire un minimo di terzietà.
La verifica della scheda di valutazione compilata dal gruppo di visita è stata poi valutata dalla Commissione di Garanzia, anche qui composta da un produttore, un consumatore ed un tecnico. La sua funzione è: rilasciare, rinnovare o sospendere la certificazione sulla base delle risultanze della verifica del gruppo di visita. La commissione può anche richiedere un piano di conversione all’azienda per essere interamente rispondente allo standard di riferimento nell’arco un numero limitato di anni. Questa possibilità rappresenta una differenza consistente rispetto al sistema ufficiale di certificazione particolarmente interessante perché in grado di fare una valutazione dinamica dell’azienda agricola.
Questo tipo di approccio strutturato alla garanzia partecipata ha determinato alcune critiche all’interno dei comitati, per il carico burocratico comunque consistente. In verità la presenza di un formulario di visita con un numero elevato di domande aiuta il sistema ad evolvere e soprattutto i consumatori ad apprendere. Con il “rodarsi” delle procedure definite all’interno del gruppo molte domande diventano superflue, la fiducia e la conoscenza aumenta e la burocrazia può diminuire.
Nel corso della sperimentazione sono state svolte ed analizzate in commissione di garanzia 15 visite. Nei casi più controversi sono stati richiesti piani di conversione bi-triennali con indicazione dei problemi da superare ed alcune alternative disponibili. Il passaggio finale del processo di sperimentazione ambisce a definire un marchio Spg che sottende allo standard acquisito. Ifoam sta ragionando se emettere un marchio globale Spg utilizzabile dai gruppi che adottano lo standard di base Ifoam. Il processo è ancora in itinere.
Considerazioni conclusive
I Sistemi Partecipativi di Garanzia sono senza dubbio uno strumento utile per lo sviluppo del biologico in Italia. I numeri della produzione biologica nazionale sono buoni, ma sostanzialmente gli stessi di 10 anni fa: poco più di un milione di ettari e 48.000 operatori. Nel consumo invece la domanda di prodotti biologici certificati aumenta in maniera consistente. Parallelamente aumenta anche la domanda di prodotti che si autodefiniscono naturali e sostenibili in base a processi di autocertificazione o semplicemente perché a chilometro zero. Le potenzialità del biologico in Italia sono nettamente superiori a questi numeri e al quasi 9% di superficie agricola utile attualmente investita a biologico. Per riavviare il processo di crescita delle conversioni al biologico delle aziende servono strumenti politici di incentivazione, attivabili principalmente con la Pac, ma servono anche nuovi strumenti di certificazione più flessibili ed inclusivi quali la certificazione di gruppo ed i Spg.
L’approccio Spg non dev’essere visto come antagonista del sistema di certificazione di parte terza, ma come strumento complementare e talvolta propedeutico. A sostegno di ciò si consideri che molte aziende aderenti alla sperimentazione degli Spg erano di fatto già regolarmente certificate.
L’ambito e la filiera diventano quindi fondamentali nella scelta del sistema di controllo. I sistemi Spg nascono per ambiti locali di filiera corta in presenza di rapporto diretto fra produttore e consumatore ed è opportuno che rimangano tali, anche se in altre esperienze mondiali vi è poi lo scambio tra prodotti certificati Spg di territori diversi. In Italia potrebbe succedere ad esempio per le arance che già spesso vengono fornite ai gruppo d’acquisto del Nord Italia da produttori del Sud.
Se invece l’azienda agricola utilizza diversi canali distributivi a filiera corta e non (Gas, fornitura a a negozi locali, o supermercati) il sistema Spg appare naturalmente inadatto venendosi a perdere ed allontanare il contatto, ma soprattutto la relazione, fra consumatore e produttore. Tuttavia in questo caso un’azienda già certificata Spg è sicuramente facilitata nell’acquisire la certificazione ufficiale.
L’approccio Spg può diventare organico al movimento bio e sperimentato in vari contesti di filiera corta. I Des rappresentano un contesto ottimale, in cui sono presenti produttori e consumatori motivati per sviluppare un modello europeo di Spg, in maniera da affinare l’organizzazione, la comprensione e la diffusione di questo strumento.
L’obiettivo di lungo periodo può essere quello di contemplare gli Spg tra i possibili strumenti di certificazione biologica previsti dal regolamento europeo. L’altro aspetto interessante degli Spg è quello di avere una visione dinamica del processo di certificazione, basata sull’apprendimento costante da parte di produttori e
consumatori che permette di stimolare lo sviluppo dell’innovazione verso la sostenibilità ed il rispetto dei principi dell’agricoltura biologica.
Di Alessandro Triantafyllidis e Livia Ortolani
Commenti recenti