All’agricoltura biologica serve una legge che la valorizzi ulteriormente e orienti il settore, cresciuto fortemente negli ultimi anni. Una legge che spinga la ricerca, la formazione, il sistema dei controlli. E questo non solo perché c’è un mercato sempre più aperto a prodotti puliti e buoni, ma soprattutto perché cresce la consapevolezza dei cittadini sui danni apportati all’ambiente e alla salute dai decenni d’industrializzazione selvaggia dell’agricoltura, un’attività che invece vive dell’equilibrio ambientale e naturale. Se il nostro Paese facesse altre scelte, perderebbe l’occasione unica offerta dal Green Deal europeo, che “con la strategia Farm to Fork e il Piano d’azione Europeo per il biologico mira a una crescita consistente del settore e prevede di conseguenza un adeguato sostegno economico dedicato a questa agricoltura sostenibile certificata”.
È questo il cuore dell’appello lanciato oggi da Aiab, AssoBio e FederBio, le associazioni che rappresentano l’intero settore dell’agricoltura e della produzione biologica e biodinamica nel nostro Paese a sostegno del disegno di legge approvato dal Senato lo scorso 20 maggio con 195 voti favorevoli, uno contrario e un astenuto. Ora la legge torna alla Camera, dove era stata approvata con un voto bipartisan ormai due anni fa. Ma il via libera finale della norma potrebbe essere ostacolato a vari livelli, soprattutto dall’alzata di scudi di una parte del mondo scientifico sull’equiparazione del biologico con il biodinamico. Una polemica che – come spiega lo stesso appello – ha pochi motivi di essere.
“L’agricoltura biologica è normata e certificata nell’Unione europea ormai da 30 anni, così come l’agricoltura biodinamica”, tanto è vero che “le normative riconoscono le pratiche agronomiche e i preparati della biodinamica”, sottoposta anch’essa al sistema di certificazione obbligatorio, ed è per questo che i prodotti biodinamici riportano il logo europeo del bio, si legge nel documento lanciato dalle associazioni che rappresentano il biologico. “I prodotti biologici e biodinamici sono ottenuti sulla base di normative trasparenti e sottoposti a controlli e certificazione da parte di organismi accreditati, autorizzati e vigilati da Autorità pubbliche nazionali. Come non avviene per la maggior parte dell’agricoltura convenzionale e dei prodotti alimentari consumati anche in Italia”. In realtà – proseguono le associazioni – la biodinamica “nel disegno di legge è stata inserita proprio in quanto già oggi certificata biologica. Gli stessi preparati biodinamici, descritti come pratiche esoteriche, sono in realtà mezzi tecnici iscritti nell’elenco dei prodotti ammessi per il biologico dai Regolamenti UE e regolarmente autorizzati al commercio dai decreti ministeriali in vigore nel nostro Paese”.
“Il disegno di legge approvato dalla Camera nel 2018 e dal Senato a maggio 2021, di fatto all’unanimità, è una straordinaria occasione per l’agricoltura italiana, già leader in Unione europea e nel mondo per la produzione biologica”.
Le nuove politiche europee per il Green Deal, con la strategia Farm to Fork e il Piano d’Azione Europeo per il biologico, mirano infatti a una crescita consistente del settore e prevedono di conseguenza un adeguato sostegno economico dedicato al bio.
“Solo i Paesi europei che sapranno attrezzarsi per cogliere anche questa opportunità – rileva l’appello – potranno utilizzare risorse economiche per il sostegno all’agricoltura, la promozione dei prodotti alimentari e la ricerca che l’Unione europea ha espressamente vincolato all’agricoltura biologica, con il Piano d’Azione Europeo per il biologico approvato recentemente”.
Il biologico italiano conta 80.000 aziende e una percentuale di terreni coltivati di quasi il 16% sul totale dei campi, doppia rispetto alla media europea dell’8%. Ha una presenza maggiore di imprenditrici e di giovani, con un tasso di istruzione più elevato. Unici punti dolenti: la ricerca sul bio, che nel nostro Paese stenta a decollare, lo sviluppo di un consumo consapevole e di una cultura del cibo e dell’ambiente che sostenga le imprese bio. “Se l’Italia – con la sua tradizione anche accademica quale pioniera dell’agroecologia, la sua impareggiabile biodiversità e la naturale vocazione per l’agricoltura biologica – vuole mantenere una leadership a livello mondiale non può che dotarsi di una legge quale quella votata al Senato lo scorso 20 maggio, strumento indispensabile per un futuro ancora più trasparente e organizzato di un settore che entro il 2030 dovrà rappresentare almeno un quarto di tutta l’agricoltura dell’Unione europea”.
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