Si è concluso, lo scorso 30 maggio, il rinnovo degli organi sociali di AIAB FVG, l’Associazione di Promozione Sociale che nella Regione raggruppa ed è il riferimento per i produttori biologici, i trasformatori  i consumatori, i tecnici, le amministrazioni locali e tutti coloro che nell’agricoltura biologica riconoscono un modello di lavoro e di vita capace di garantire un futuro a tutti noi e all’ambiente da cui dipendiamo e di cui godiamo.

Alla presidenza è stata confermata Cristina Micheloni, agronomo, che è anche presidente del Direttivo di AIAB Federale. A supportarla due vice-presidenti, Mària Croatto, amministratrice azienda di servizi in agricoltura, e Umberto Midena, esperto panificatore, due nomi nuovi per il direttivo ma non certo per il settore. Alcune conferme e molti volti nuovi tra i componenti del direttivo: confermato Raffaele Mocchiutti, allevatore e vignaiolo, cui si uniscono i “nuovi” Sandra Tavagnacco, consumatrice instancabilmente curiosa e informata, Francesca Tonon, tecnico agricolo con esperienza nel sociale, Andrea Tanda, agronomo e produttore di zafferano, Samo Sanzin, unico produttore in Italia di aronia biodinamica e Gustavo Mazzi, medico e referente di ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente).

La diversità di professionalità e percorsi, accompagnata dalla passione, è garanzia che il nuovo gruppo dirigente saprà affrontare con grinta il momento di crescita tumultuosa che il biologico sta vivendo. “Il biologico oggi è nella sua fase adolescenziale – ha commentato la presidente Cristina Micheloni – cresce velocemente e vivacemente, ma ha bisogno di qualcuno che mantenga saldi i principi, in modo da garantire che il passaggio alla fase adulta avvenga con preparazione e in piena salute”.

L’associazione è attrezzata per accompagnare i propri soci in questo passaggio storico. Infatti nell’ultimo triennio sono state consolidate le basi tecniche, amministrative e formative a supporto dei produttori, ma anche organizzative e informative per integrare i consumatori e i tecnici in una vera alleanza capace di proteggere il biologico regionale nella sua crescita, evitandone la banalizzazione e lo svuotamento di significato che la sua recente popolarità rischia di comportare.

“Dobbiamo evitare la deriva egocentrica del mangio bio perché mi fa bene e ritornare al più ambizioso e lungimirante mangio e produco bio perché voglio cambiare il mondo” – continua la presidente – “infatti un prodotto senza residui è importante ma è poca cosa rispetto a un sistema agricolo che si fa carico di proteggere e ripristinare l’ambiente, ridurre gli impatti sul clima, adeguare le tecniche agronomiche a un clima imprevedibile e, così facendo, assicurare un reddito agli agricoltori. E includendo altri essenziali aspetti come il benessere degli animali allevati e l’equità nei rapporti tra i diversi attori della filiera nonché tra i produttori e consumatori delle diverse parti del mondo. Non è idealismo ma solo e soltanto la visione globale che è necessaria per poter agire bene a livello locale”.