AIAB racconta la sua esperienza e l’importanza della certificazione dall’alimentazione alla cosmesi nell‘intervista realizzata da Elena Rossi, tra le blogger più seguite d’Italia per i consigli utili e le recensioni dei prodotti e di tutto ciò che fa parte del mondo BIO in campo cosmetico, per la bellezza, il benessere e la salute della propria pelle e del corpo.

E.R. – Già presidente AIAB dal 1999 al 2005. Ha lavorato con e per AIAB da sempre, fin dalla sua nascita. Quanto è cambiata AIAB nel corso di questi anni?
V.V. – Dal punto di vista dell’essenza associativa siamo rimasti fedeli ai principi e ai valori fondanti del biologico, non derogando mai nemmeno di fronte alle opportunità proposte da una crescita così importante di tutto il settore, di cui ci sentiamo sinceramente i protagonisti. Abbiamo anche mantenuto la scelta di essere realtà diffusa sul territorio come sommatoria di associazioni regionali, Il vero cambiamento sta nell’elaborazione politica che ci ha portato ad una evoluzione che si è trasformata in campagne importanti come per esempio: l’agricoltura sociale cioè quel modello produttivo che include persone con difficoltà temporanee o permanenti, che oggi e un vero e proprio modello innovativo di welfare sociale; il marchio garanzia AIAB dice che il prodotto è italiano, Ogm free e realizzato nel rispetto dei diritti di chi lavora; promuovere la biodiversità come vero modello di contrasto ai cambiamenti climatici collaborando con la Rete Semi Rurali a restituire le sementi ai contadini; i Biodistretti dove produttori,operatori e amministratori del territorio organizzano intorno all’agricoltura biologica la valorizzazione delle risorse territoriali

E.R. – Quanto è importante per AIAB il rapporto tra biologico e sostenibilità?
V.V. – La sostenibilità rischia di essere un termine abusato se non lo si lega a un cambiamento del modo di produrre e di consumare. L’agricoltura biologica è il modello sostenibile di agricoltura perché modifica sostanzialmente il rapporto di chi coltiva con l’ambiente e con la terra, risolvendo tramite la tecnica agronomica, quei problemi che l’agricoltura convenzionale ha scaricato sulla collettività. Si modifica anche il comportamento del cittadino consumatore che apprezzando territorialità e stagionalità, aiuta l’ambiente e adotta stili alimentari corretti. Oggi per agricoltura sostenibile si usa molto la definizione di agricoltura agro ecologica ma l’agricoltura biologica è la migliore applicazione dei principi di agroecologia.

E.R. – Negli ultimi anni in Italia il BIO sta crescendo in maniera esponenziale. Tendenza recepita anche da chi ha deciso di cavalcare l’onda del business, soprattutto nel settore cosmesi. Come si pone AIAB, nella questione dei controlli e delle garanzie?
V.V. – Nel 1999 abbiamo scelto di non essere più un organismo di controllo ma solo un’associazione di rappresentanza, promozione e ricerca per il settore, ritenendo importante che alla crescita del biologico dovesse corrispondere professionalità e chiarezza dei ruoli. Questa posizione è ancora più importante oggi in una situazione di crescita esponenziale, in cui la produzione stenta a star dietro alla domanda. Il sistema di controllo è uno dei valori aggiunti con cui ci presentiamo al consumatore, il dubbio che le frodi hanno innescato sul settore: “sarà vero bio?”va assolutamente cancellato con serietà e severità verso chi sbaglia. Per questo continuiamo a chiedere al Ministero terzietà degli organismi di controllo e vigilanza degli organi preposti sul loro operato. Oggi ci sono ancora situazioni tollerate che non aiutano, a partire proprio dalla cosmesi dove molti marchi sono di proprietà di chi li controlla. AIAB lavora sui disciplinari di produzione e affida i controlli a chi lo fa di mestiere.

E.R. – Secondo la Sua esperienza, quali sono gli eventi maggiormente impattanti sull’ambiente?
V.V. – Sono molti e comprendono anche il modello distributivo e gli imballaggi a cui il biologico deve ancora trovare soluzioni. Però il problema più grave in agricoltura è l’uso di pesticidi che ormai ritroviamo ovunque: nel cibo, nelle acque e negli indumenti. E’ troppo grande l’interesse economico da contrastare e in nome del profitto si sa, la salute umana e dell’ambiente passa in secondo piano. Basti pensare che 6 multinazionali controllano il 75% del mercato delle sementi; le stesse che controllano la quasi totalità dei pesticidi in commercio e che ritroviamo nella produzione di prodotti farmaceutici. Se poi guardiamo i marchi commerciali che incontriamo tutti i giorni e risaliamo alla proprietà ritroviamo sempre loro. Il glifosate ritenuto dall’OMS probabile cancerogeno continua a essere il diserbante più venduto, abbinato ai semi OGM e con richiesta di proroga alla sua commercializzazione per altri 10 anni. L’agenzia per l’ambiente (ISPRA) ha rilevato 107 principi attivi chimici nelle acque profonde e superficiali nel 2007: nel 2012 erano 175 e nel 2014 oltre 200. Stiamo finanziando un modello agricolo devastante senza valutare il risultato dei premi distribuiti senza controll.o In questi anni con i PSR abbiamo pagato somme spropositate agli agricoltori per diminuire l’uso di pesticidi con l’agricoltura integrata.

E.R. – L’agricoltura bio diventa doc, è arrivata la prima legge di settore. Quali sono secondo Lei gli aspetti deboli della normativa?
V.V. – A questa legge è stato tolto il capitolo controlli che il Ministero ha avocato a se e va per un altro iter. Un testo unico sul biologico che non contiene il sistema di controllo che è uno dei punti cardine del settore nasce debole. L’altro elemento è che tutti i costi relativi all’attuazione della legge comprese le azioni di promozione, creazione di strutture e ricerca, pescano sullo steso fondo (il 2% della tassa sulla vendita dei pesticidi), già pesantemente decurtato dell’80% dal Ministero delle finanze e che oggi è l’unica fonte di finanziamento, con solo due milioni di euro, di tutta la ricerca per il bio.

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