Diamo un segnale alla Natura, ripartiamo dall’agricoltura biologica. E’ questa la raccomandazione di AIAB per la Giornata Mondiale dell’Ambiente il cui motto quest’anno è: “It’s time for Nature”.
La crisi sanitaria è stata solo la punta dell’iceberg di un modello produttivo scellerato che ha provocato una crisi ambientale globale che passa anche da una sensibile riduzione della biodiversità e dello stato delle risorse naturali.
Lo scenario è apocalittico. Come si legge sul sito dell’Ispra, “circa un milione di specie viventi (su un totale stimato di circa 8,7 milioni) sono minacciate da estinzione (tanto che gli scienziati parlano della sesta grande estinzione massa) molti ecosistemi sono distrutti, degradati, frammentati. Tutto porta a esprimere una preoccupazione che, secondo lo stesso Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale è “non solo urgente ma anche esistenziale”.
AIAB si unisce così alle numerosi voci che richiamano all’urgenza di cambiare rotta e di cominciare a produrre in modo sostenibile.
“In agricoltura– dice Antonio Corbari, presidente di AIAB – non dobbiamo inventarci niente perché un modello alternativo esiste già e si chiama biologico. Se vogliamo parlare veramente di transizione agroecologica dobbiamo ripartire da qui. Buone pratiche agronomiche, agroecosistemi in equilibrio, uso adeguato dell’innovazione e conoscenza approfondita e monitoraggio costante del ciclo vitale delle piante e degli animali allevati”.
L’impatto dell’agricoltura biologica sulla biodiversità è altissimo, studi scientifici dimostrano che nella aziende biologiche la ricchezza di specie vegetali, animali e di microrganismi è superiore del 30%
Il metodo bio si comporta con le piante e i prodotti agricoli come ci si dovrebbe comportare con gli esseri umani: cercare di mantenere o ricostruire l’equilibrio degli agroecosistemi per rendere le piante e gli animali più forti e meno attaccabili dalle malattie invece di alterare gli equilibri, selezionando di fatto anche i patogeni, e parare i colpi quando il danno è fatto.
“Investire sul bio deve essere una priorità”, conclude Corbari. E’ urgente riconoscere all’agricoltura biologica il posto che merita, sia a livello nazionale, sia a livello di Politiche Europee. Aspettiamo quindi di vedere i principi annunciati dal Green New deal e dalla strategia Farm to Fork applicati in concreto e soprattutto nella PAC post 2020 e nel recepimento da parte degli Stati membri”.
Solo da una reale e coraggiosa modifica della PAC (che oggi incide per il 38% sull’intero budget UE) si capirà se l’Europa vuole davvero smettere di alimentare un modello agricolo distruttivo, basato su risposte rapide mentre l’agricoltura, come la natura, ha tempi lunghi.