Inaccettabile che l’agricoltore biologico sia considerato un truffatore. Necessario e urgente un fronte comune

Di Giuseppe Romano

Il 23 settembre si celebra il biologico in tutta Europa, una festa voluta dall’Unione Europea per riconoscere l’importanza del settore nel sistema agroalimentare. Il biologico ha rappresentato una delle prime politiche di qualità a livello europeo e questo giorno dovrebbe essere l’occasione per riflettere sui successi raggiunti.

Tuttavia, c’è ben poco da celebrare, sia a livello europeo che nazionale.
Non bastava la guerra, l’inflazione, la crisi climatica ed energetica e le retromarce politiche. Adesso, per l’agricoltore biologico italiano arriva un’ulteriore picconata: il Decreto Non Conformità che considera l’agricoltore biologico un truffatore a prescindere dalla sua non colpevolezza e buona fede, che dovrà essere lui stesso a dimostrare.  Una presunzione di colpevolezza inaccettabile che deve essere riconsiderata.

Per non conformità si intende un’infrazione, rispetto alle norme del Regolamento europeo, che nella maggioranza dei casi è di entità lieve o di tipo amministrativo e documentale. Infatti Il produttore bio deve gestire una normativa molto complessa e può succedere che commetta degli errori, che vanno comunque sanzionati, perché il soggetto che va maggiormente tutelato è sempre il consumatore. Quello che non è accettabile è la sproporzione della punizione. Il prodotto può essere soppresso o il terreno in questione può essere dichiarato non più biologico e tornare in conversione. Come succede per tutti gli altri prodotti delle altre filiere, compresi i Dop e Igp.

Il contesto europeo: buoni propositi traditi

Nonostante l’approvazione del terzo Regolamento (848) entrato in vigore nel gennaio 2022 e il ruolo di primo piano del biologico nella nuova PAC della fine del 2023, le aspettative di sviluppo del settore si sono bruscamente sgonfiate. Le difficili congiunture geopolitiche, in particolare lo scoppio della guerra in Ucraina e la cosiddetta protesta dei trattori, hanno segnato un preoccupante passo indietro. Così si assiste a una completa deregolamentazione nel campo delle NBT (i nuovi OGM) e allo stop al SUR, il regolamento che prevedeva il blocco dei pesticidi entro il 2030.

Insomma, rispetto ai buoni propositi della transizione ecologica, una vera e propria retromarcia che ha favorito le lobby degli agrofarmaci. La strategia Farm to Fork, che mirava a elevare i criteri ambientali e a promuovere il consumo di cibi sostenibili attraverso il passaggio verso abitudini alimentari sane, è stata modificata verso il basso.

Che fine fanno infatti gli obiettivi elencati di ridurre del 50% l’uso di pesticidi chimici entro il 2030; dimezzare la perdita di nutrienti, garantendo la fertilità del suolo; ridurre del 50% le vendite totali di antimicrobici per gli animali d’allevamento e di antibiotici per l’acquacoltura entro il 2030; trasformare il 25% dei terreni agricoli in aree destinate all’agricoltura biologica entro il 2030?

Il contesto italiano: il settore è sotto attacco

 

In Italia, la situazione è ancora più grave. Sebbene la nostra agricoltura biologica sia un’eccellenza a livello mondiale in termini di produzione ed esportazione, il settore è sotto attacco.

Nel marzo 2022, mentre il nuovo Regolamento europeo iniziava a muovere i primi passi, in Italia veniva approvata la Legge sul Biologico. Nonostante non fosse perfetta, rappresentava comunque un riconoscimento ufficiale del settore e per questo l’abbiamo accolta con soddisfazione.  Con l’introduzione del Decreto Legislativo 148/2023, noto come Sanzioni e Controlli, è stato adottato invece un approccio sbagliato, che individuava il biologico come settore critico, nonostante esso offra le maggiori garanzie al consumatore, per i numerosi controlli a cui è sottoposto
Questo atteggiamento di sospetto generato dal Decreto 148, ha spianato la strada all’emanazione dell’ultimo decreto, quello di Non Conformità del luglio 2024. Un vero disastro per il settore, che ha inferto un colpo mortale alle prospettive di crescita futura. Il decreto all’articolo 14, comma 3, recita testualmente: “Al fine della classificazione di cui al comma 1, lettera b, la non conformità si presume intenzionale salvo le evidenze raccolte dall’organismo di controllo o la prova fornita dall’operatore della buona fede o del caso fortuito.”

In altre parole, l’agricoltore biologico è considerato un truffatore di default, a meno che non dimostri la sua buona fede. Un quadro normativo che impone multe che vanno dai 2 mila ai 100 mila euro, un paradosso rispetto ad altri settori alimentari dove non esistono sanzioni economiche di questa entità.

Queste norme non solo sono vessatorie, ma anche sproporzionate rispetto al reale impatto delle non conformità nel settore biologico.  Inoltre, l’accanimento contro il bio è un fenomeno tutto italiano: negli altri Stati membri non si registrano normative così severe, cosa che espone gli agricoltori italiani al rischio di perdere competitività a livello internazionale.

Le richieste: fermare questa deriva

In un giorno in cui il biologico viene celebrato con tante belle parole, è necessario chiedere che queste norme vessatorie vengano disapplicate. La presunzione di colpevolezza non può essere il principio guida in un settore che ha fatto della trasparenza e della qualità i suoi pilastri e che rappresenta in Italia uno dei comparti di eccellenza e di maggiore sviluppo, anche grazie a una crescente consapevolezza di consumatori sempre più informati ed esigenti.

Le azioni urgenti

Per fermare questa deriva l’intero comparto dell’agricoltura biologica in Italia e tutte le organizzazioni ad esso connesse, devono costituire un fronte comune, che permetta di rispondere puntualmente a tutte le illazioni e le congetture che il Governo e le sue articolazioni politiche (anche attraverso alcuni media con articoli denigratori e fantasiosi) mettono in campo con l’obiettivo di smembrare un intero settore.

Il biologico in Italia è una realtà consolidata, che ha portato benefici su più fronti: produzione, qualità ambientale, rapporto tra città e campagna, consapevolezza dei consumatori, salute del suolo e della biodiversità. Inoltre, la qualità del controllo della filiera italiana è cresciuta negli anni, tanto da essere diventato il nostro fiore all’occhiello. Il nostro paese è leader europeo dei sistemi di controllo, un risultato di cui dobbiamo andare fieri.

Invece il governo, lungi dall’incentivare la conversione al metodo bio, lo sviluppo di sistemi di tracciabilità adeguati lungo tutta la filiera (anche con l’utilizzo delle nuove tecnologie), la reperibilità del prodotto per tutti (agendo sulla filiera distributiva che incide nel prezzo finale al consumatore), riconoscendo, quindi, i predetti risultati, sembra voler punire chi ha scelto un percorso di sostenibilità. Una scelta particolarmente discutibile in un momento in cui milioni di persone soffrono fame e malnutrizione mentre in tutto il mondo un’alta percentuale del cibo prodotto, quasi nella sua totalità dall’agroindustria, viene perduto o sprecato.

Il modello dell’agricoltura biologica in questi anni ha dimostrato che si può fare diversamente. I dati sull’andamento del comparto in Italia, pubblicati di recente, evidenziano che gli operatori biologici crescono del +1,8% rispetto al 2022, il suolo agricolo utilizzabile certificato biologico è quasi arrivato al 20%, i consumi registrano un aumento annuo del 5% mentre sono 24,8mln le famiglie (rapporto Coop 2024) che hanno acquistato prodotti certificati biologici e di queste 9,6mln ne aumenteranno l’acquisto.

È dunque un clamoroso errore storico, politico e ambientale, puntare l’indice contro i produttori biologici, quando è il modello dell’agricoltura dipendente degli agrofarmaci, spesso decorata di finta ‘sostenibilità’, ad aver contribuito alla riduzione del 23% della produttività della superficie terrestre mondiale, al suo degrado e a una minaccia di estinzione di circa un milione di specie, se non si interviene radicalmente e rapidamente.

Proprio per invertire questa rotta è necessario e urgente, un fronte comune. Non si può accettare che l’agricoltura biologica, una delle eccellenze italiane, venga mortificata e trattata come una produzione pericolosa da cui difendersi.