Nel 2023, le superfici agricole destinate al biologico in Italia hanno raggiunto 2.456.000 ettari, con un incremento del 4,5% rispetto all’anno precedente.
Notevoli incrementi nelle categorie dei prati e pascoli (+10,1%) e delle colture foraggere (+11,4%), nonostante una flessione nei cereali (-1,3%) e nelle proteiche (-7,1%).

Il numero di operatori biologici in Italia è aumentato dell’1,8% rispetto al 2022, raggiungendo 94.441 operatori. La categoria dei produttori/preparatori è cresciuta del 3,8%.
I consumi domestici di prodotti biologici hanno raggiunto i 3,8 miliardi di euro nel 2023, con un incremento del 5,2%. La quota di mercato dei prodotti biologici è del 3,5% del totale agroalimentare.
Relativamente alla Distribuzione regionale delle superfici bio, il Nord e il Centro Italia hanno mostrato un tasso di crescita superiore rispetto al Sud, con un riequilibrio progressivo delle superfici biologiche.

Sono solo alcuni dati resi emersi dal Rapporto BIC 2023 curato da Ismea in collaborazione con il Ciheam Bari nell’ambito del programma Masaf “Dimecobio” e presentato presso le Antiche Scuderie Odescalchi, sul lago di Bracciano, lo scorso 17 luglio ’24.

Il primo indicatore, la superficie agricola, che vede l’Italia tra gli stati membri più avanzati a livello europeo, cresce ancora raggiungendo i 2,5 milioni di ettari (+4,5% rispetto al 2022), con ben 500 mila in conversione a segnalare l’ingresso di aziende nuove o che hanno progressivamente allargato la parte di bio nell’azienda.  Una crescita progressiva e continua che ci ha portati al 19,8 % di SAU nel 2023 non troppo distanti dall’obiettivo 25% al 2030.  Anche il numero di operatori biologici cresce e soprattutto crescono i preparatori e produttori-preparatori, un dato promettente per arrivare a chiudere la filiera con equità.

Se esaminiamo la ripartizione delle superfici bio per macrocategorie, due terzi della SAU bio è rappresentata da seminativi (42,1%), seguiti da prati e pascoli (29,7%), colture permanenti (22,8%) e ortaggi (2,5%).  Ma sono proprio i seminativi e le orticole i più lontani dall’obiettivo 25% fissato dalla Commissione, con, rispettivamente, il 16,4% e il 15,8 della SAU totale. Il fatidico 25% è nettamente superato dalle colture legnose (26,8%) ed è molto vicino per i prati e pascoli (23,8%).

Nel dettaglio per i seminativi le colture foraggere e i cereali autunno-vernini segnano una crescita diversificata ma evidente mentre criticità specifiche si rilevano a carico delle colture primaverili estive irrigue, quali riso e mais da granella.
Crescita generalizzata per le colture industriali mentre calano, almeno nel breve termine le proteiche. Se parte delle fluttuazioni di SAU è ciclica e legata a congiunture internazionali, non c’è dubbio che per i seminativi bio ci sia e si possa fare molto di più (sementi e patrimonio genetico, rotazioni appropriate, valorizzazione di filiera).

L’orticoltura promette comunque bene considerando che le superfici a ortaggi dal 2014 al 2023 sono aumentate del 130% . Le colture permanenti bio sono stabili nel complesso ma con grande variabilità al proprio interno, in calo deciso la frutta fresca, gli agrumi, in aumento la frutta a guscio (tendenza diffusa anche in convenzionale). Relativamente stabili vite e olivo che rispettivamente contano 133 mila e 279 mila ettari e segnano incrementi rilevanti nei dieci anni.

A livello territoriale, sul lato produzione, Centro e Nord crescono più del Sud, andando a riequilibrare in parte la distribuzione, pur sempre sbilanciata verso Sud, che conta il 57,9%. Toscana, Calabria, Sicilia, Lazio e Basilicata già superano il 25% della SAU bio.

Se le produzioni vegetali raggiungono risultati interessanti la zootecnia non brilla in bio come in convenzionale. Tra i ruminanti su 5,42 milioni di bovini il bio ne conta 0,469 in crescita, un rapporto analogo presentano gli ovicaprini bio che però calano nel lungo periodo (oggi circa  7 milioni di capi di cui 0,63 biologici). Incoraggiante il settore apistico in cui oltre il 12% degli allevamenti è bio.

Per i monogastrici la forbice è veramente ampia. Nel 2023 su 147 milioni di avicoli (carne e uova) 6,8 milioni erano bio, mentre per i suini su 8 milioni di capi solo 54 mila sono allevati in biologico: una nicchia nella nicchia? Forse si, soprattutto per i suini, dove l’Italia valorizza il prodotto trasformato, stiamo parlando di una nicchia, con allevamento semibrado, attualmente messo a dura prova dalle misure per i contenimento della Peste suina asiatica.

Un dato che risuona con le esperienze che facciamo con i nostri produttori è il clima di fiducia registrato da ISMEA nei produttori biologici e convenzionali, che segna una inversione di tendenza e un segno negativo per il bio e questo nonostante il settore bio sia stato premiato dai consumatori, nel 2023 con 3,8 miliardi di euro e con un  +5,2% sul 2022. Da tenere conto però che il prezzo per il consumatore dei prodotti bio è aumentato molto meno rispetto al prodotto convenzionale e questo è un fenomeno preoccupante per i nostri produttori.  Tanto per metterci un nome: i cereali e le altre commodity come soia e girasole hanno oggi, in bio, un prezzo drammaticamente basso sui mercati internazionali e nazionali, il perché ha a che fare con le importazioni da fuori EU, che sono aumentate del 37,8%, ma un numero che il report ISMEA non arriva a dirci quanto bio arriva in Italia da altri paesi EU come Romania (cereali, girasole, soia) o Polonia (soprattutto cereali ma anche mele!). Lo ribadiamo, c’è molto da fare per valorizzare le colture da seminativo .

Una nota interessante per il settore vitivinicolo è l’aumento del consumo di vino bio  + 6,9% che si sta sempre più qualificando. Si consuma invece meno carne bio, ma questa è una tendenza generale mentre il settore delle uova è in crescita e da tenere monitorato.

Sotto tanti punti di vista le cifre ci hanno dato ragione a chiedere di promuovere e sostenere il biologico in ogni sede ma alcune domande e considerazioni sono d’obbligo:

  • Se i numeri ci indicano che una strada è possibile perché la politica non intraprende in modo convinto la strada del biologico “made in Italy”? Inoltre,  ci si dovrebbe rendere conto che sostenere le Nuove Tecniche Genomiche (sia di Categoria 1 che di Categoria 2)  non ammesse in biologico, significa affossare tutto il settore bio.
  • la crisi economica riduce la possibilità di scegliere per molte famiglie ma si continua a scegliere di mangiare bene: c’è spazio per sana informazione istituzionale.
  • Nel mercato c’è tanto greenwashing e tanta opacità, ce lo conferma anche Bio in cifre, un aspetto che genera un clima di sfiducia in chi intraprende la strada della certificazione bio  (esempi? Rigenerativo, residuo zero o poco residuo, naturale, ecologico, climaticamente neutro…). Le istituzioni dovrebbero fare chiarezza attraverso campagne apposite che guidino i consumatori a una migliore conoscenza della certificazione biologica;
  • biologico locale: il biologico fa bene a chi lo produce, a chi lo consuma ma anche a chi vivendo nel territorio rurale si trova a contatto con i campi. Un altro buon motivo per incrementare misure adatte a sostenere il bio.
  • Regolamento per il biologico e norme nazionali: nel medio termine dobbiamo lavorare per mantenere il biologico un passo avanti agli altri sistemi di certificazione e perché il ricorso alle deroghe diventi sempre meno necessario.

Sosteniamo un biologico più possibile locale stimolando i produttori a crescere professionalmente e a cooperare. Sosteniamo un biologico attento all’etica del lavoro, al sociale e all’ambiente e al mantenimento della biodiversità e favoriamo l’adattamento al cambiamento climatico tramite un ricco patrimonio genetico delle piante coltivate e degli animali allevati.  Proviamo a fare ancora meglio? Rendiamo possibile l’uso serio e continuativo di prodotti biologici regionali nella ristorazione scolastica e ospedaliera, evidenziamo l’origine regionale sull’etichetta del bio, ma soprattutto facciamo cultura e produciamo conoscenza, di quella che si coltiva, si mangia e diventa una sana abitudine.

Se vogliamo veramente essere tra i primi a raggiungere il 25% di SAU bio è necessario darsi da fare a tutti i livelli.

Qui il report Sinab