E’ sufficiente tenere a mente che ogni messicano mangia mezzo chilo di mais al giorno per capire che sul tavolo c’e’ una battaglia che vale miliardi di tortillas. Da un lato le compagnie che cercano di ottenere il permesso per commercializzare le loro varieta’ geneticamente modificate. Dall’altro lato, agricoltori, associazioni e scienziati che gli bloccano il passaggio in difesa del mais nativo e contro i possibili danni di quello manipolato. Con questa lotta sullo sfondo nei tribunali, il Messico ha celabrato il 7 ottobre la Giornata nazionale del mais, coltura nativa di questa regione e cereale piu’ prodotto nel mondo.
La controversia legale ha avuto il suo ultimo episodio nel mese di agosto, quando un giudice ha emesso una sentenza che ha lasciato senza effetto una misura precauzionale che aveva impedito il “rilascio nell’ambiente” di sementi geneticamente modificate.
Immediatamente c’e’ stata la risposta del Collettivo in difesa del mais, che ha impugnato la sentenza, sostenendo che non si era tenuto conto degli studi scientifici ma solo delle argomentazioni della societa’ che commercializzano gli Ogm, ed e’ riuscito a bloccare la condanna a un tribunale superiore ha emesso un altro verdetto.
La consapevolezza dell’importanza di preservare il mais nativo contro i mais transgenici e’ cresciuta negli ultimi anni in Messico, oltrepassando il settore specializzato degli agricoltori e degli scienziati. Dopo la sentenza favorevole alle varieta’ non indigene, c’e’ stata una evidente reazione dell’élite della cucina messicana, che ha dichiarato in una nota la sua “opposizione” alla coltivazione di Ogm per diversi motivi:
“Va contro la diversita’ dei nostri mais” e contro “il diritto del contadino a conservare il seme dal suo stesso raccolto come e’ accaduto per secoli”; “pone enormi incertezze ed effetti collaterali imprevedibili”; “i prodotti chimici (collegati agli Ogm, ndt) possono rappresentare un rischio per la salute”; “promuove la concentrazione della terra”, “i paesi dell’Unione Europea, come la Germania e la Francia, si rifiutano di coltivare Ogm sul loro territorio”; e promuove la “monocultura: in Argentina il 56% della terra coltivata e’ dedicata alla soia Ogm in monocultura”.
Le imprese sostengono che questi argomenti non sono corretti. In un documento inviato a questo giornale nel mezzo della recente controversia giudiziaria, la Monsanto, azienda mondiale leader delle sementi transgeniche, afferma che “ci sono piu’ di 40 dichiarazioni o documenti ufficiali, che coinvolgono quasi 190 organizzazioni o societa’ scientifiche, che ratificano la biosicurezza delle colture geneticamente modificate”. “La loro coltivazione in tutto il mondo dal 1996,” aggiunge (Monsanto), “con oltre 1,78 miliardi di ettari in totale, non ha causato danni ne’ alla salute delle persone ne’ alla fauna selvatica o all’ambiente, secondo la valutazione delle autorita’ competenti”.
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