Cresce nel biologico il ricorso alle polizze contro i rischi climatici. Nel 2018, la platea bio degli assicurati ha sfiorato le 3.700 unità, con un incremento dell‘89% rispetto al 2016.
E’ quanto emerge dal “Rapporto sulla gestione del rischio nell’agricoltura biologica” – realizzato da ISMEA che per la prima volta propone per un ampio corredo statistico sul tema. I principali indicatori relativi al grado di partecipazione delle aziende biologiche al sistema assicurativo agricolo agevolato appaiono grosso modo in linea con il ruolo del bio nel contesto agricolo generale.
“Numeri in crescita ma comunque molto più bassi rispetto al convenzionale”, dice Giuseppe Romano della segreteria tecnica di AIAB che ha partecipato al webinar sul tema organizzato da Ismea lo scorso 7 ottobre.
“E’ anche vero che la cultura della Gestione del Rischio in Italia è comunque molto poco diffusa. Se a questa problematica colleghiamo gli eterni ritardi di AGEA nella gestione del PSRN l’equazione è presto fatta. Solo ai primi di ottobre erano ancora in pagamento migliaia di polizze del 2016”.
Da rilevare che, nonostante il dato in crescita, le compagnie assicurative devono trovare offerte e strumenti adatti al biologico. L’esigenza maggiore emersa durante l’incontro a cui ha partecipato tutta la rappresentanza del bio in Italia, è quella legata a un’assicurazione da contaminazioni accidentali, che porta poi alla decertificazione del prodotto.
“Vero è – ha detto Romano – che il problema della deriva dovrebbe essere preso in carico dal vicino inquinante e non dall’azienda bio ma purtroppo ad oggi questa è la situazione.
ISMEA a proposto un nuovo modo per stimare le polizze che si basa su un valore standard medio, il che dovrebbe velocizzare l’emissione delle polizze e la liquidazione. Su questa proposta abbiamo chiesto che per il bio si usino parametri e valori dedicati”.
“E’ evidente – dice Antonio Corbari, presidente di AIAB – che l’aumento delle assicurazioni segnala il forte aumento dei rischi dovuti al cambiamento climatico. Allora perché non si pensa a contrastare i fenomeni estremi cambiando paradigma e modello produttivo invece che pensare ad un risarcimento in termini economici? Non ci stanchiamo di ripetere che l’agricoltura biologica è uno dei principali elementi di contrasto ai cambiamenti climatici. Ed è proprio su questo che la politica deve investire”.
Ad assicurarsi sono realtà produttive con una dimensione media di quasi 19 ettari e con un valore della produzione assicurata di circa 107 mila euro. Oltre al numero delle aziende, è aumentato nel triennio anche il valore assicurato: 395,6 milioni di euro, contro i 196,7 milioni del 2016 (+101%) e di riflesso anche i premi versati alle compagnie (+ 141%), per un ammontare che supera i 31 milioni di euro.
A livello di territori, il Nord registra la più alta incidenza per valori assicurati, con il 69,4%, contro il 17,5% delle regioni centrali e il 13,1% del Mezzogiorno..
Uva da vino, mele e riso concentrano, nel biologico, i più alti valori assicurati, ma numeri di rilievo si registrano anche per pomodori da industria, pere, soia, frumento tenero e mais.
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