(Rinnovabili.it) – Dopo il cambio del sistema di autorizzazione per le importazioni di prodotti OGM, la Commissione Europea ne ha approvati 17 la scorsa settimana. Il fronte del no in Italia è ancora compatto, ma secondo Luca Colombo, segretario generale di FIRAB (Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica), è necessario guardare con attenzione ai dettagli della nuova normativa. Infatti, Bruxelles lascia agli Stati membri una libertà di movimento che è solo di facciata: essi potranno bloccare (Opt-out) i prodotti OGM già autorizzati dal’EFSA (European Food Safety Agency) solo dopo aver certificato che provocano un «rischio grave». Il divieto sarà accettato solo se i governi saranno capaci di addurre motivazioni differenti da quelle già prese in considerazione dall’agenzia europea. Un’altra strettoia è costituita dall’inviolabilità delle regole che consentono la libera circolazione delle merci nel mercato europeo. Infine, i divieti nazionali non potranno nemmeno contrastare le norme prodotte in seno alla WTO (Organizzazione mondiale del Commercio). Il libero arbitrio degli Stati, pertanto, pare una concessione formale più che sostanziale.
La Commissione Europea ha dato il via libera all’importazione di 17 prodotti OGM. Quali rischi corre l’Italia da questo punto di vista?
L’Italia al momento non corre rischi per ragioni politiche, normative e di mercato. Il blocco sociale, commerciale e politico sul fronte OGM è solido e maturo e non prevedo cedimenti, anche se bisogna mantenere alta la guardia e prestare attenzione alle insidie subdole nascoste tra le norme in essere e divenire. Resta il fatto che il verosimile sblocco autorizzativo in Europa porrà ulteriore pressione sul sistema produttivo, anche se andrà valutato il livello dell’effettiva penetrazione di nuove varietà transgeniche e la loro espansione.
Come mai assistiamo a questa accelerazione nel 2015 sulle colture biotech? Oltretutto dopo che Juncker aveva promesso di riformare il processo autorizzativo troppo sbilanciato sulla Commissione.
La nuova Commissione europea è stata eletta sulla base di una serie di linee guida politiche nelle quali era previsto l’impegno a revisionare la legislazione applicabile al procedimento di autorizzazione di OGM, orientamenti politici che in teoria riflettono le ragioni dell’opinione pubblica ostile agli OGM. Nel documento di insediamento del Presidente Juncker si leggeva chiaramente un passaggio vocato alla chiusura del mercato europeo al transgenico e il rafforzamento dei principi precauzionali. Nei fatti, però, si palesa il rischio di cedimento alle pressioni volte a rimuovere ostacoli al processo autorizzativo e di aprire il mercato europeo alle importazioni. Si allenteranno le preoccupazioni di chi importa carghi contenenti varietà OGM non autorizzate in Europa, la cui contaminazione si dimostra difficilmente gestibile per gli esportatori.
Si tratta di una deroga al principio del mercato unico e una breccia nell’omogeneità dell’Unione, come già anticipato dalla recente concessione (Direttiva 2015/412) agli Stati membri della facoltà di vietare la coltivazione di OGM su tutto o parte del territorio nazionale. Va quindi capito quali possono essere le implicazioni di politica europea a fronte di questo nuovo scenario.
Quali sono state le tappe per arrivare a questo sgretolamento della barriera europea all’importazione di OGM?
Gli esiti di questo processo non sono necessariamente definiti, ma a ritroso si può dire che in Europa abbiamo avuto una prima stagione negli anni ’90 di fideistica apertura agli OGM che sono stati sistematicamente approvati, una moratoria a cavallo del secolo che ne ha bloccato l’autorizzazione, al cui termine non si è nei fatti aperto il vaso di pandora. Serve dunque ora una spallata che riapra il processo dando un contentino ai Paesi ‘restrittivi’ in cambio della fine del blocco del processo autorizzativo, precedentemente impallato dall’assenza della maggioranza qualificata dei Paesi Membri pro o contro l’autorizzazione. In questi anni la Commissione ha sentito sulle sue spalle il peso politico di un’autorizzazione ex ufficio e ha quindi puntato su un compromesso politico
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