Nell’agricoltura contemporanea aumenta sempre più l’utilizzo di pesticidi, nonostante svariati studi scientifici (tra l’altro l’ultimo Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque dell’ISPRA) dimostrino quanto l’uso di tali sostanze sia dannoso per l’uomo e per l’ambiente ma, purtroppo sembra che per molti Stati, agricoltori e multinazionali questo sia un problema non di “prim’ordine”.
Solo il consumatore di cibi biologici non può aspettarsi di trovare residui di pesticidi di sintesi e può – a ragione – ritenere, per questo motivo, che questi alimenti siano più “sicuri”. Questo è quanto emerso il 17 febbraio alla FAO dov’è stato presentato il nuovo libro di André Leu, presidente IFOAM, dal titolo “The Myths of Safe Pesticides”. Un testo che sfata il tanto elogiato mito di sicurezza e conferma quanto invece siano pericolosi i pesticidi.
A conferma della “bontà” del biologico arriva anche un altro studio, pubblicato recentemente su Environmental Health Perspectives, che rileva come il consumo di questi prodotti alimentari riduca in drasticamente l’esposizione ai pesticidi. La ricerca indica che i livelli di pesticidi nelle urine si riducono significativamente per chi mangia spesso bio, oltre il 65%, e la percentuale supera il 90% per chi mangia esclusivamente bio, rispetto a chi invece non è interessato all’alimentazione bio e mangia abitualmente cibo “convenzionale”.
Precedenti studi, tra cui uno svolto su alcuni bambini età pre-scolare in particolare analizzava i danni da pesticidi e loro metaboliti. Lo studio ha scoperto che i piccoli che consumavano frutta e verdura biologica (spesso, ma non esclusivamente) presentavano una concentrazione di residui sei volte più bassa dei coetanei che consumavano frutta e verdura da agricoltura convenzionale.
E’ noto, ai più, che l’esposizione ai pesticidi può avvenire, non solo per ingestione di alimenti contaminati ma soprattutto per inalazione o assorbimento cutaneo, e quindi il rischio aumenta nei bambini che giocano sul prato dove sono stati usati diserbanti e pesticidi. Inoltre, è da tenere in considerazione il fatto che i pesticidi presenti negli alimenti possono rimanere accumulati nel nostro corpo e che la loro presenza può essere rilevata tramite le analisi delle urine.
Basandosi su questi fattori, i ricercatori si sono occupati di mettere a confronto i test delle urine, per rilevare i pesticidi in base alle diete di volontari selezionati (circa 4.466 soggetti facenti parte del Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis) un ampio studio multietnico sull’aterosclerosi che prende in considerazione sei diverse comunità presenti negli Stati Uniti. In particolare, la ricerca si è concentrata sugli organofosfati (i pesticidi più utilizzati nell’agricoltura convenzionale e soprattutto per la coltivazione di frutta e verdura e che L’US Environmental Protection Agency li ha classificati come altamente o moderatamente tossici). Il risultato finale è stato che che la maggior esposizione ai pesticidi (ad esempio, mediante il consumo di soli alimenti convenzionali e non bio) portava ad un più alto livello di residui di organofosfati nelle urine.
A conclusione di quest’analisi risulta chiaro come la nostra alimentazione, determina il tasso di esposizione ai pesticidi per il nostro organismo: il tipo di dieta è fortemente legato all’accumulo di pesticidi nell’organismo. Uno studio meno recente (pubblicato a luglio 2014) dell’International Journal of Environmental Research, aveva già rivelato che seguire un’alimentazione bio per una sola settimana può ridurre i livelli di pesticidi negli adulti di circa il 90%.
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