Grande ostilità dei bambini verso il cibo della mensa con un 35% dei bambini che non mangia a priori. Migliora un menù su tre, ma aumenta (+ 6%) il cibo processato. Sono alcuni elementi che emergono dall’ottavo Rating dei menù scolastici, l’indgine annuale realizzato da Foodinsieder con la collaborazione di AIAB e Firab.
“Aiab collabora con Foodinsider fin dalle prime esperienze e a differenti livelli e anche anche Firab partecipa al gruppo operativo”, dice Paola Trionfi esperta, per AIAB, di ristorazione collettiva. “La sostenibilità dei servizi di ristorazione collettiva è una delle attività di Aiab da sempre, come il collegamento con le produzioni biologiche del territorio, i percorsi educativi finalizzati alla scoperta dello stretto legame tra tipologia di tecnica produttiva, qualità nutrizionale e qualità ambientale. In questi ultimi anni la legislazione nazionale per prima a livello europeo ha legiferato un questa direzione e il monitoraggio diventa strumento interessante non solo della qualità del servizio, ma anche come fonte di dati sulle necessità e orientare scelte e politiche locali”
Secondo i dati dell’indagine riferita all’anno scolastico 2022/23, continua il trend di miglioramento delle mense scolastiche iniziato nel 2022, dopo la fine del Covid. Migliora un Comune su tre. Un cambiamento positivo atteso dopo lo scioglimento definitivo dei vincoli post Covid, ma che è anche l’effetto dell’applicazione della nuova legge che disciplina le gare d’appalto del servizio di ristorazione scolastica. Il risultato è spesso riscontrabile in menù più equilibrati, a minore impatto ambientale, più varietà, con i legumi che aumentano e diventano un secondo piatto in un terzo dei menù analizzati, più prodotti locali e di origine biologica e sempre meno le stoviglie usa e getta a favore dei piatti lavabili. I cibi processati, (prosciutto, tonno in scatola, bastoncini di pesce, formaggio spalmabile e budini) invece, crescono del 6%.
Il problema dello scarso consumo di cibo in mensa è la questione principale da risolvere. Ci sono troppi bambini che ‘rifiutano il cibo a priori’ (il 35% dei casi secondo i dati del nostro sondaggio), mentre hanno ‘paura di assaggiare nuovi piatti’ il 31%; solo il 14% sembra ‘mangiare con gusto’.
La top ten della classifica non offre sorprese: numero uno rimane Fano, seguito da Cremona e Parma, una triade di Comuni virtuosi che ogni anno sembra fare meglio. Molto vicini per qualità ed equilibrio sono i Comuni di Jesi, Sesto Fiorentino, Rimini, Ancona, Bergamo, Perugia e Mantova. Il sud è ancora distante dalle mense più numerose e virtuose del centro e del nord. Si distingue la Puglia con i menù di Lecce e Brindisi con menù equilibrati e con piatti della tradizione gastronomica locale e Bari che eccelle per le alte percentuali di biologico.
Quest’anno l’indagine ha voluto indagare il legame dei menù con il territorio. Dall’analisi emerge che un buon 29% delle mense del campione analizzato è ben radicato sul territorio da cui si rifornisce con più di 10 prodotti locali a settimana e un 13% che ne acquista almeno 5. E’ interessante anche identificare le mense che esprimono la cultura gastronomica del proprio paese come gli spatzli a Trento e Bolzano, i passatelli, a Fano e a Rimini, a Brindisi le orecchiette con le cime di rape, a Lecce ciceri e trie, a Bari la purea di fave. Sull’altro fronte, però, ci sono menù che non hanno nessun radicamento e sono uguali sia a nord che a sud e sono quelli che privilegiano i cibi processati.
I menù continuano a essere in prevalenza ‘muti’ (il 61% del campione analizzato) e a non esplicitare la qualità delle materie prime mentre i menù ‘parlanti’ sono solo il 39%, e si distinguono perché dichiarano quali sono gli alimenti surgelati, il biologico, i prodotti DOP/IGP, quelli a KM0 e a filiera corta. I menù parlanti ci sono e si possono esprimere con icone come nel caso di Bolzano o con informazioni testuali come per il menù di Mantova, due esempi diversi di come si può essere trasparenti attraverso la tabella dietetica
Tra le novità di quest’anno ci sono i pediatri e gli psicologi che entrano in campo sulle questioni del mangiare a scuola. Succede a Bolzano dove si organizzano incontri con i pediatri per sensibilizzare genitori e insegnanti sull’importanza di una corretta educazione alimentare e di un’alimentazione più varia fin dalla prima infanzia. Ad Aosta, invece, gli psicologi sono stati ingaggiati dal Comune per studiare le dinamiche di relazione durante il consumo del pasto in mensa.
Tre le best practice di cui si parla nel report dell’8° Rating: la mensa scolastica gestita dal comitato genitori di Faedis, che da più di 3O anni si occupa degli acquisti, in prevalenza di biologico, da produttori locali; la mensa del Comune di Fano, che non a caso è conosciuto come la ‘città dei bambini e delle bambine’ e da tre anni è in cima alla classifica. La terza realtà virtuosa si chiama Laore, l’agenzia per lo sviluppo rurale della Sardegna, che da più di 10 anni ha avuto mandato dalla Regione per sviluppare progetti di formazione degli insegnanti, tavoli di lavoro sulla mensa per i Comuni e introducendo un nuovo soggetto a supporto dell’educazione dei bambini: la rete delle fattorie didattiche.
Per sostenere i Comuni in questo processo di miglioramento mancano ancora dei tasselli che potrebbero potenziare il ruolo di motore di sviluppo della mensa per la comunità e il territorio: bisogna riportare le cucine dentro o vicino alle scuole, valorizzare i cuochi, rendere il monitoraggio degli avanzi sistematico, avviare continui percorsi di formazione degli insegnanti e di educazione dei bambini e delle famiglie, e connettere la mensa alle produzioni locali sostenibili.
Sarebbe di aiuto al raggiungimento di questi obiettivi definire una serie di indicatori semplici per assegnare un punteggio a chi trasforma la mensa in uno strumento di salute e di sviluppo del territorio, secondo la vocazione locale e in una logica sostenibile. Come, in passato, il decreto per le mense certificate biologiche del MIPAAF del 2017 ha dato impulso all’incremento di biologico nei menù scolastici, così, oggi, un sistema che riconoscesse valore ai Comuni che investono nella mensa scolastica a beneficio dei bambini e della comunità – e premiasse tale merito con fondi – fornirebbe strumenti concreti per realizzare la sovranità alimentare e dare attuazione ad alcuni punti dell’Agenda 2030 e alla strategia europea della Farm to Fork. Una strategia politica, a livello Governativo, capace di incrementare la qualità dei menù connessi alla produzione locale diverrebbe volano di sviluppo economico e sociale eliminando, nel contempo, i fattori inquinanti presenti in mensa.
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