Giovedì 5 Dicembre si è tenuta al parlamento europeo la Conferenza Europea sul rame in viticoltura, European Conference on copper and viticolture, patrocinata dalla Commissione Europea per parlare di rame in viticoltura, la reale dimensione del rischio, l’attuale necessità per il bio e la validità delle alternative.
Gli esiti dell’evento ci danno modo di dettagliare la posizione di AIAB sul rame condivisa con diversi partner europei, tra cui la Francia ma non da tutti.
Come sappiamo in viticoltura biologica la difesa da peronospora, soprattutto in condizioni di alta pressione del patogeno, è basata su prodotti a base di Rame (Cu elemento esistente in natura) ma, proprio in questi giorni a livello europeo alcune associazioni chiedono di ammettere i fosfiti, i derivati dell’acido fosfonico (prodotti chimici di sintesi).
La viticoltura biologica nell’ultimo decennio ha registrato una forte crescita in tutta Europa come pure la competenza e la reputazione dei produttori biologici e la qualità dei prodotti. Tutto questo rappresenta un enorme valore che non può essere distrutto accettando che vengano introdotti ed ammessi in biologico prodotti che non sono in linea con i principi dell’agricoltura biologica e questo è il caso dei fosfonati che AIAB non ritiene ammissibili.
La posizione di AIAB è dunque favorevole all’uso responsabile del rame (tutt’oggi imprescindibile) ed è assolutamente contraria a includere i fosfiti tra i prodotti ammessi in agricoltura e viticoltura biologica.
Mettiamoli a confronto.
Il rame è ancora nella lista dei prodotti candidati alla sostituzione che sarà oggetto di riesame nel 2025, la valutazione del Rame in termini di rischi per la vita nel suolo sarà rivista in quanto l’evidenza scientifica dimostra che non c’è correlazione tra uso di rame e qualità biologica dei suoli. Nonostante ciò è bene ribadire la necessità di utilizzarlo in modo responsabile.
I derivati dell’acido fosfonico come il fosfonato di potassio sono prodotti di sintesi, e sono stati oggetto di approfonditi studi e comunicazioni anche a livello italiano (BIOFOSF-WINE) che hanno dimostrato un’elevata persistenza dei metaboliti non solo nell’uva e nel vino ma anche nell’ambiente.
Ammettere il rame e non ammettere i fosfiti è dunque un atto di coerenza e responsabilità nei confronti di tutti quei produttori biologici che si impegnano a mettere in campo competenze e buone pratiche, strategie di difesa innovative e modelli previsionali appropriati, per utilizzarlo meno possibile mitigando così i rischi di perdita di prodotto.
Ai più critici diciamo che il rame viene oggi utilizzato in quantità molto basse tali da non interferire significativamente e mettere a repentaglio la biodiversità dei suoli. L’accumulo di rame nel suolo, laddove si è verificato, non è imputabile ai viticoltori biologici (che hanno iniziato la propria attività negli anni ‘90) ma all’uso di formulati ad alto dosaggio di rame, utilizzati nelle regioni viticole classiche per 150 anni, dall’inizio della viticoltura moderna. Questo senza tener conto che l’agricoltura convenzionale che utilizza concimi inorganici e fitofarmaci di sintesi ha contribuito alla degradazione dei suoli, alla perdita di biodiversità, peggiorando lo stato degli agroecosistemi, ben più di quanto si possa imputare al rame.
Sul tema vi è ampia letteratura che è stata messa in evidenza da diversi relatori intervenuti all’incontro del 5 dicembre scorso tra cui Cristina Micheloni di AIAB
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