Ci sarebbe piaciuta una bella posizione strategica dell‘Unione Europea che dicesse no agli OGM per l’intera agricoltura del continente. Così non è stato ma almeno si è sancita la possibilità per gli Stati Membri di chiudere la porta di casa propria alle colture transgeniche. Rispetto alla bozza di fine anno il regolamento approvato ha recepito diverse osservazioni migliorative (dal nostro punto di vista s’intende!) ma ha anche mantenuto un eccessivo potere nelle negoziazioni per le multinazionali sementiere (ditte private che possono contrattare scelte di uno strato sovrano)e non ha riconosciuto le motivazioni ambientali tra quelle a sostegno della scelta no-OGM.
Ma è già molto meglio di prima ed ora per dormire sonni quasi tranquilli serve solo che il Ministero usi il nuovo regolamento e lo applichi a livello nazionale. In molti chiedono con urgenza la proroga del decreto interministeriale che ha vietato le semine ma bisogna anche smetterla di ripartire da zero ogni volta. Ora gli strumenti ci sono, non ci sono scuse di possibili impugnazioni da parte UE, si rinnovi anche la proroga ma per lavorare seriamente alla “chiusura del caso”.
Siamo certi che il Ministro Martina non ha cambiato idea e gli chiediamo solo di agire prima della scadenza del decreto che ci ha messo in sicurezza per un paio di stagioni. C’è però fretta perché da Nord-Est già i soliti simpatici seminatori propongono semine di mais precocissime in serra per usare il possibile vuoto normativo. Si arriverebbe anche all’Expò con un segnale fortissimo di un’agricoltura libera da OGM per sfamare il mondo.
Ma anche da parte nostra e di tutti gli agricoltori seri, c’è urgenza di passare all’azione per mettere a valore le scelte fatte e consolidare dove ci sono e strutturare dove mancano, delle filiere zootecniche OGM-free. La scelta politica deve diventare un’opportunità di sviluppo economico, cosa di cui la zootecnia italiana ha tanto bisogno. E’ paradossale infatti che il maggior produttore Europeo di soia OGM-free per definizione, cioè noi, vada a venderla come tale in Centro Europa, perché meglio pagata e non sia capace di valorizzare invece, carni, formaggi, prosciutti e salumi OGM-free, guadagnando ben di più.
Insomma ci accontentiamo di vendere una commodity, che poi ricompriamo sul mercato mondiale per fare mangimi, e non vediamo l’opportunità di dare valore ai gioielli che abbiamo in casa.
A cura di Vincenzo Vizioli
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