di Salvatore Ceccarelli* e Stefania Grando**

Democratizzare i sistemi alimentari è il titolo di un editoriale di Nature del luglio 2020 che ci è tornato alla mente in occasione delle discussioni intorno al nuovo Regolamento del biologico che entrerà in vigore all’inizio del 2022 ei cui dettagli sono disponibili qui
L’editoriale, senza molti preamboli, comincia dicendo che la concentrazione in poche mani del controllo del settore alimentare globale fa sì che pochi attori, posizionati lungo la catena alimentare, abbiano una grande influenza su cosa coltivare, dove coltivarlo, quando coltivarlo e come coltivarlo, ma anche su come il cibo viene lavorato, distribuito e consumato.
Alcuni diranno che questo assicura una maggiore disponibilità di cibo per molti, ma di fatto l’individuo viene contemporaneamente privato di gran parte della sua autonomia su cosa mangiare.
L’innovazione, continua l’editoriale, è la chiave per democratizzare i sistemi alimentari e ci sono esempi di reti, di meccanismi di governance, di tecnologie e di modelli di business che hanno avuto successo. Gli orti urbani comunali sono uno di questi modelli che consentono alle persone di coltivare il proprio cibo e utilizzare gli spazi pubblici in modo più efficiente. Una di queste innovazioni è la capacità dei contadini di produrre il proprio seme perché questo aiuta ad aumentare la diversità di ciò che producono e a ridurre la loro dipendenza dalle ditte sementiere.
L’editoriale definisce queste innovazioni come “dirompenti”, ma riconosce che tra le loro caratteristiche salienti vi sono il ripristino dell’autonomia, dell’equità e delle relazioni tra persone.
Noi pensiamo che il nuovo regolamento del biologico rientri nella categoria delle innovazioni dirompenti di cui parla l’editoriale perché consentendo di “commercializzare materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico senza rispettare i requisiti di registrazione e le categorie di certificazione dei materiali prebase, di base e certificati….”, e visto che tra il materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico è compreso il seme delle popolazioni evolutive di cui abbiamo parlato altrove, autorizza la commercializzazione di materiale che per la sua eterogeneità si evolve, ed i semi che si raccolgono non sono mai geneticamente identici a quelli seminati. Una popolazione evolve grazie alla selezione naturale, e si adatta, anno dopo anno, all’ambiente in cui viene coltivata, al tipo di terreno e alle tecniche agronomiche. Per esempio nel caso dell’agricoltura biologica si otterrà una popolazione perfettamente adattata alla coltivazione biologica della zona con tutte le sue peculiarità, rendendola più semplice perché la vasta letteratura scientifica in materia dimostra la maggiore resistenza alle malattie e la maggiore stabilità di produzione delle popolazioni evolutive. La pratica ha inoltre dimostrato la loro straordinaria capacità di controllare le infestanti e quindi evitando il ricorso alla chimica di sintesi contribuisco a mitigare la quota di emissioni di questa componente dell’agricoltura. Rappresentano inoltre una risposta tanto dinamica quanto poco costosa al cambiamento climatico.
Ma, ritornando all’editoriale, queste popolazioni, che grazie al nuovo regolamento potranno diffondersi più agevolmente, rendono l’agricoltore autosufficiente in termini di semi non tanto per motivi ideologici quanto per motivi biologici, perché la continua evoluzione favorisce il loro preciso adattamento al territorio e alle tecniche di coltivazione e quindi finiscono per essere quelle varietà adattate in modo specifico al biologico che il miglioramento genetico non sembra in grado di produrre .
L’editoriale conclude sostenendo che queste innovazioni potrebbero diventare potenti punti di svolta, interrompendo il circolo vizioso di “ciò che viene prodotto determina ciò che viene consumato, che a sua volta modella le preferenze dei consumatori”. Per lo meno, le innovazioni incoraggeranno le persone a ripensare al proprio ruolo nel sistema alimentare.
Visto in questo contesto, il nuovo Regolamento del Biologico potrebbe avere conseguenze importanti anche sulla diversità della dieta e quindi sulla nostra salute.

*Genetista, già professore ordinario di Genetica Agraria presso l’Istituto di Miglioramento Genetico, Università di Perugia.
**Agronomo/genetista, consulente internazionale