Sono 8 gli enti e le associazioni che hanno scritto una lettera al ministro Martina. Alleanza Delle Cooperative, Aiab,
Anabio/Cia,
Associazione Biodinamica, Confagricoltura, Federbio, Firab, Humus esprimono la loro forte preoccupazione relativamente alla questione dei semi: “La crescita di superfici e operatori nel biologico supera ormai il 20 per cento ma la disponibilità di sementi registra invece una forte contrazione”.
La moltiplicazione di sementi con metodo biologico è passata in Italia da 10.600 ettari nel 2009, a soli 7.500 ettari nel 2013, con una contrazione che gli ultimi dati disponibili attestano al 30%. Un dato che trova drammaticamente conferma nel registro CREA sulla disponibilità di sementi biologiche che gli operatori consultano prima di chiedere la deroga a cui si trova costretto a far ricorso un numero crescente di operatori.
Solo nel 2016, le autorizzazioni concesse alle richieste di deroga, ai sensi del regolamento CE 889/2008 per l’utilizzo di sementi convenzionali in bio, sono risultate 59.852, a fronte di 63.810 richieste al CREA; cioè il 93,8% del totale. Allo stesso tempo il mercato sementiero mondiale è oggi controllato per quasi l’80% da poche Multinazionali che controllano anche il mercato dei pesticidi. Non è certo loro interesse mettere a disposizione selezioni varietali resistenti alle patologie e più in generale meno bisognose di concimi e diserbanti.
Il D.M. 24 febbraio 2017 ha istruito la Banca Dati delle Sementi bio (BDS), defindendo le disposizioni per l’uso di sementi e materiale di moltiplicazione vegetativa non ottenuti con il metodo di produzione biologico. Una delle finalità principali è quella di semplificare la questione delle deroghe.
“Risulta evidente – dicono le organizzazioni firmatarie – che la “conditio sine qua non” per il funzionamento della BDS e di quanto stabilito dal DM, sta proprio nella disponibilità di sementi biologiche” .
“Il problema –si legge nella lettera – non è solo la disponibilità quantitativa di sementi e altro materiale di propagazione ma le caratteristiche di questi a partire dagli obbiettivi che hanno guidato la selezione e da che tipo di selezione e miglioramento genetico provengono. Il percorso che vede selezionare le sementi nei centri di ricerca e poi presentate agli agricoltori va invertito. In campo con gli agricoltori si individuano esigenze, obbiettivi e caratteristiche che vengono riportate nei centri di ricerca per selezioni che si avvalgono della valutazione di chi quei semi li utilizzerà. Questo è il miglioramento genetico partecipativo, che noi sosteniamo e che avviene con la collaborazione di agricoltori, tecnici e ricercatori, per selezionare varietà che rispondano alle esigenze degli operatori, adatte ai diversi contesti pedo-climatici e ai diversi sistemi colturali.
Un piano sementiero concertato con tutti gli attori consentirà di ragionare sulle criticità ma anche sulle opportunità come quelle offerte ad esempio dalle popolazioni evolutive, dal miglioramento genetico delle così dette varietà antiche senza diritti intellettuali: cercando in tal modo di attuare quanto previsto dalla Ratifica ed esecuzione del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura adottato dalla 31° riunione della Conferenza della FAO a Roma il 3 novembre 2001 che fra l’altro recita ‘riconoscendo agli agricoltori il diritto di vendita diretta ad altri agricoltori in ambito locale e in quantità limitata’”.
“Sappiamo bene – concludono le associazioni – che questa richiesta potrà essere attuata solo nella prossima legislatura ma confidiamo in risoluzioni del Ministero e dei suoi Uffici perché questa proposta sia sin d’ora impostata e discussa ai tavoli deputati per rispettare i tempi in cui l’Italia si deve attivare”.
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