La coltivazione a strisce (strip cropping) rientra tra gli approcci agroecologici quale tecnica di consociazione colturale, ovvero di coltivazione simultanea di due o più specie sullo stesso appezzamento per tutto o per una parte del loro ciclo colturale. Quando due o più specie di piante condividono parte delle risorse comuni (radiazioni, nutrienti minerali, acqua) in un sistema consociato, la competizione interspecifica tende a essere inferiore a quella intra-specifica, con un rendimento più elevato: ciò è frutto di più fattori, tra cui la larghezza della striscia, la taglia della coltura adiacente, la complementarietà delle esigenze.

Una gamma di combinazioni della larghezza delle strisce (da qualche metro a alcune decine di metri) e delle colture è stata fino ad oggi studiata; le combinazioni di specie, varietà e larghezza delle strisce devono comunque essere attentamente definite e validate a scala locale, tenendo conto degli aspetti ambientali, agronomici, di meccanizzazione ed economici tipici di ogni territorio e azienda.

In tema di strip cropping, FIRAB ha avviato sperimentazioni e sta proponendo nuove attività progettuali di adattamento e validazione della tecnica in contesti aziendali biologici. Tra le iniziative di ricerca che hanno dedicato attenzione sperimentale e attuazione pratica in aziende reali alla coltivazione a strisce vi è il progetto Horizon 2020 DiverIMPACTS recentemente concluso. La sua eredità è stata raccolta dal Gruppo Operativo marchigiano Ortobiostrip che si è costituito in ATS il 9 novembre scorso e che per i prossimi 3 anni lavorerà alla messa a punto della tecnica di strip cropping in aziende biologiche, in situazioni sfidanti come le aree collinari marchigiane.

In questo video Luca Colombo di Firab spiega l’innovativa tecnica agroecologica, in un’intervista fatta al Salone della Meccanizzazione agricola a Parigi.