AIAB SU CETA: “SE PASSA MANGEREMO PASTA AL GLIFOSATO E CARNE AGLI ORMONI.
L’ITALIA DEVE RIGETTARE IL TRATTATO”

Tenuto in sordina dai Governi e nell’indifferenza generale, è entrato in vigore, anche se come applicazione provvisoria il CETA, l’accordo commerciale tra Unione Europea e Canada, che nell’agroalimentare, mette a rischio gli standard di sicurezza alimentare conquistati negli anni. Dalla tecnica di allevamento all’uso di ormoni, OGM e pesticidi, fino all’etichettatura. Nella fase di applicazione provvisoria i singoli paesi europei possono decidere di non ratificare l’accordo che, in tal caso, decadrebbe in tutta Europa. Basta dunque che solo Paese per bloccarne la ratifica. L’Italia può essere QUEL Paese.

Il Belgio e la Francia si stanno muovendo: il primo ha chiesto alla Corte Europea di Giustizia di verificare se il CETA violi o no i principi costitutivi dell’Unione Europea e la Francia ha istituito una Commissione nazionale per valutarne gli impatti prima di esaminarlo. Questa ha segnalato i gravi rischi per la salute e l’ambiente che ne potrebbero derivare.
In Italia dal 26 settembre il Senato potrebbe votare la ratifica del trattato.

“Ci aspettiamo – dice Vincenzo Vizioli – che il nostro governo, se vuole, come dice, veramente tutelare le nostre aziende e la nostra salute, rigetti il CETA e garantisca i diritti dei consumatori”. Il nostro Parlamento prima di approvare la ratifica deve fare i conti con diverse criticità nell’agroalimentare. Infatti le norme che in Canada regolano la produzione di alimenti, l’etichettatura e gli standard di sicurezza alimentare, sono diverse e notevolmente inferiori a quelle dell’UE. L’armonizzazione delle norme verso un minimo comune denominatore, previsto nell’accordo, accetta di fatto lo spostamento verso il basso delle regole di produzione e degli standard sulla sicurezza alimentare. In particolare ci verrebbero imposti gli ormoni della crescita nelle carni, l’uso di antimicrobici nel lavaggio, una liberalizzazione degli OGM e un’etichettatura ancora meno trasparente.

L’Italia è un grande importatore dal Canada di frumento duro, definito “eccezionale” e “indispensabile” dall’industria molitoria per la produzione di pasta. In pochi sanno però che in Nord America il glifosate è usato come disseccante sulla spiga per accelerare la maturazione. Non a caso in tutti i prodotti convenzionali a base di cereali si ritrovano residui del pesticida. Una prassi giustamente vietata in Europa che una futura armonizzazione delle norme potrebbe rimettere in discussione.

Mentre siamo impegnati a chiedere di vietare il glifosato, a cacciare dai nostri campi gli OGM, a produrre etichette che riportino l’origine degli alimenti, basta una semplice firma per tornare indietro di decenni cancellando le conquiste fatte fin qui dai consumatori”, dice Vizioli. Da non sottovalutare poi il rischio dei tanto discussi arbitrati internazionali relativi alla gestione dei contenziosi: una norma sull’etichettatura emessa da uno Stato potrebbe essere denunciata come un danno agli investimenti delle multinazionali. “Questa ci sembra una grave offesa alla sovranità degli Stati e un ulteriore regalo alle multinazionali a cui stiamo affidando totalmente il potere di decidere cosa consumare. Alla faccia della tutela del made in Italy”.