Il biologico è in una fase cruciale, sia a livello europeo, sia a livello nazionale. Le scelte che si fanno in questi mesi ricadranno sulle politiche produttive dei prossimi anni e influiranno sulle abitudini dei consumatori, sulla tutela dell’ambiente e sul contrasto al cambiamento climatico.
Durante l’incontro dello scorso 17 settembre dal titolo: “Il Regolamento, l’Europa e l’Italia: l’agroalimentare bio del domani”, organizzato da AIAB e moderato dal presidente Giuseppe Romano, è stato fatto il punto sui vari strumenti a disposizione di questi cambiamenti che ci aspettano.
Tanti i cantieri aperti: il Green Deal europeo, partito nel 2019 e che si sviluppa con le due strategie Farm to Fork e Biodiversità; il passaggio al Regolamento 848/18 che avverrà ad inizio gennaio 2022; il Piano d’Azione europeo per lo sviluppo dell’agricoltura biologica e la PAC 2023-2027.
Appare chiaro che con la commissione Von der Leyen il biologico è stato messo sotto una nuova lente politica e ha assunto a tutti gli effetti una sua strategica importanza all’interno delle politiche europee ambientali e di contenimento dei cambiamenti climatici, confermata dall’obiettivo ambizioso di arrivare per tutti gli stati al 25% di SAU coltivata a bio entro il 2030.
La sfida è ambiziosa anche perché attualmente c’è molta disomogeneità tra gli Stati membri, sia a livello di produzione sia di consumo.
Ma proprio per questo l’Europa ha messo a disposizione una serie di strumenti: innanzitutto il nuovo Regolamento 848/18 che offre una necessaria stabilità giuridica e poi una serie di incentivi attraverso il Piano d’Azione e la PAC, nonché il programma Orizzonte Europa per incentivare la ricerca e la formazione.
Le novità del nuovo Regolamento sono state ampiamente illustrate da Emanuele Busacca [IFOAM EU] e sono riassunte in questa dettagliata presentazione.
Il Piano di Azione, presentato da Elena Panichi, a capo dell’ufficio biologico della DG AGRI, è strutturato su 3 assi principali: consumo, produzione e sostenibilità, e 23 azioni. Tra queste, alcune le troviamo particolarmente interessanti: la diffusione del bio nelle mense pubbliche, su cui insistiamo da anni e che rappresenta anche un efficace volano di conoscenza del biologico; la promozione di scambi e lo sviluppo di reti tra agricoltori e tecnici; il sostegno alla certificazione di gruppo; il miglioramento delle rese e l’utilizzo di input alternativi a quelli attuali, attraverso il sostegno alla ricerca; il benessere animale; l’uso di energia rinnovabile.
E poi c’è la PAC che in Italia vale 7 miliardi e che, finalmente, prende molto seriamente il biologico visto che il bio è presente su tutti e 3 gli strumenti della sua programmazione: i pagamenti diretti, dove troviamo la maggior parte delle risorse (3,6 miliardi l’anno), le misure di mercato (417 milioni l’anno) e le politiche di sviluppo rurale (3 miliardi l’anno).
La differenza con il passato consiste nel fatto che questa volta, per avere accesso ai fondi europei, la Commissione ha chiesto agli Stati membri di contribuire con un proprio documento di programmazione: il Piano Strategico Nazionale (PSN) che dovrà essere presentato entro il 31 dicembre del 2021 e che dovrà articolarsi seguendo i 3 strumenti principali della Politica agricola europea.
Nei dettagli del PSN sta dunque la vera sfida del nostro Paese nel prossimo periodo. Tra le principali novità dei pagamenti diretti ci sono gli ecoschemi per i quali AIAB chiede di destinare il 30% del massimale destinato al primo pilastro. Dei 41 ecoschemi proposti dalla Commissione l’Italia ne ha proposti 7 tra cui quello per premiare l’agricoltura bio.
Gli altri ecoschemi hanno gli obiettivi di: ridurre i farmaci nella zootecnia; sostenere la produzione integrata; inerbire le colture permanenti le colture arboree; gestire in modo sostenibile prati e pascoli in aree protette; promuovere l’avvicendamento colturale e la copertura vegetale ai fini della biodiversità.
Ma, come è emerso dal webinar, questo sostegno all’agricoltura bio offerto dagli ecoschemi non è sufficiente e c’è bisogno che le risorse siano previste anche nelle Politiche di Sviluppo Rurale.
Insomma, se attualmente la misura 11 assorbe quasi 450 milioni il mondo del bio, AIAB e Federbio in prima linea, chiedono che si arrivi a 900 milioni.
“L’obiettivo di AIAB– dice Giuseppe Romano – è di andare oltre i target posti dall’Europa per tutti gli Stati. L’Italia conta già il 16% di SAU coltivata a biologico. Dobbiamo alzare l’asticella e puntare al 30% nel 2027. E’ una scelta ambiziosa ma raggiungibile per l’Italia. Per perseguirlo è però necessario spacchettare le risorse su entrambi i pilastri. Questa strategia è condivisa in modo unitario dal mondo del biologico [AIAB e Federbio].
Sicuramente inserire il bio tra gli ecoschemi è un grande passo avanti perché significa riconoscere a questo metodo di coltivazione una sua validità economica oltre che ambientale. Ma per dare un senso compiuto a questo riconoscimento bisogna mettere in campo azioni concrete.
Considerando l’importanza degli strumenti, e l’impatto che il complesso dell’architettura avrà sull’agricoltura nazionale, come organizzazione, riteniamo indispensabile presidiare anche gli altri ecoschemi e stare attenti alle trappole: se troppo standardizzati gli ecoschemi rischiano di fare la fine del greening e vedere vanificata la loro potenzialità. E’ inoltre opportuno sottolineare che nessun contributo pubblico sugli ecoschemi può essere erogato ad aziende che usano diserbanti chimici e in particolare il glifosate.
Quello che appare evidente è che il biologico oggi più che mai non può essere un’agricoltura di sostituzione.
Dietro la conversione della propria impresa agricola ci deve essere la convinzione di un metodo e di una visione della produzione che mette al centro il rispetto dell’ambiente, del suolo, della natura.
I temi da discutere e approfondire sono molti, il complesso di azioni va ben oltre la Pac e sottolinea l’interesse dell’Europa per il biologico. Ora – conclude il Presidente di AIAB – è necessario che l’Italia, secondo mercato al mondo dopo gli USA, abbia il coraggio delle sue scelte.
Proprio per questo sarà necessario sia accompagnare gli agricoltori con servizi di formazione e consulenza [AKIS], che dovranno trovare il giusto spazio nella programmazione, sia accelerare sulla ricerca e sull’innovazione tecnologica pensate per il bio .
Per raggiungere l’obiettivo unitario che ci siamo prefissati del 30% di SAU al 2027, serve fare rete e guardare insieme nella stessa direzione. Ci aspetta una sfida importante ma siamo sicuri di potercela fare”.